Come combattere la fame nervosa?

La Mindful Eating restituisce serenità e consapevolezza nel rapporto con il cibo


Ti capita di mangiare anche quando non hai fame, magari ti viene un'improvvisa voglia di dolce in momenti inaspettati della giornata o ti ritrovi a sgranocchiare uno snack davanti alla tv o al computer?


Non mangiamo sempre per soddisfare un bisogno effettivo del corpo e magari conosci già bene questo tipo di situazione.


L’alimentazione è un tema importantissimo di cui si parla tanto, anche per l’impatto che ha nella nostra vita, sulla salute generale del corpo e della mente, ma a volte l’approccio che si adotta è limitato. Si parla tanto di cosa si dovrebbe mangiare, quante calorie assumere per mantenere o ridurre il peso, come fare a rientrare nella taglia x, ma il modo in cui ci relazioniamo al cibo passa totalmente in secondo piano. 


Eppure, è sotto gli occhi di tutti... le diete non funzionano, è stato appurato che la percentuale di recupero del peso a tre anni dall’inizio di una dieta è altissima e sono sempre di più le persone preoccupate di quello che mettono nel piatto, del proprio aspetto e non solo. 


Oggi si parla di alimentazione sempre più anche in riferimento alla salute, non solo dell’estetica. Ci si preoccupa delle sostanze e degli ingredienti che potrebbero far male, di cosa evitare o limitare. Ma trascuriamo il MODO, il COME mangiamo.


È una cosa piuttosto bizzarra perché come mangiamo influenza anche il cosa, il nostro comportamento, le scelte alimentari a partire da come facciamo la spesa al supermercato, le preferenze, la capacità di accettare e integrare una dieta nella nostra vita. 


Qualsiasi scelta facciamo ha vita breve se non è sostenibile in modo più profondo e costante, se è vissuta con sacrificio, sforzo, conflitto e una battaglia perenne contro tendenze e voglie che emergono dal nulla.


Parlare di fame nervosa è molto importante perché se non riusciamo a mangiare in modo soddisfacente, se esageriamo con il cibo o abbiamo un comportamento che sfugge al controllo, è proprio per via delle componenti emotive. 


Partiamo subito con il dare una definizione della fame nervosa o emotiva che non è altro che la tendenza a rispondere alle emozioni attraverso l’assunzione di cibo. Si utilizza il cibo come strategia per regolare, modulare e gestire le emozioni. 


Questo capita di frequente nella vita di tutti i giorni e lo si impara sin da piccoli. I condizionamenti culturali, sociali e familiari spingono a considerare ben presto il cibo come una ricompensa, una gratificazione, un rifugio dalle preoccupazioni, dalle brutture della vita, un anti stress o al contrario una punizione.


 La fame nervosa è quindi appresa nel corso della nostra vita, spesso durante gli anni dell’infanzia, in cui si impara a ricercare e ottenere cibo per dare risposta a bisogni di tipo emotivo e fronteggiare episodi di stress e difficoltà.


Lo stress tra l’altro incrementa la fame nervosa, in quanto agisce sui circuiti cerebrali della fame e della sazietà e interferisce attraverso il rilascio di sostanze che attivano la ricerca di cibo e inibiscono i segnali che porterebbero in situazioni di normalità a smettere di mangiare.


Si va ad innescare un circolo vizioso per cui si assume cibo per sedare o placare una particolare emozione scomoda o spiacevole, che però non trovando una risposta adeguata alla nostra tentata soluzione si amplifica e si ripresenta lasciandoci ancora più insoddisfatti, impotenti e frustrati. 


Conoscere la fame nervosa e il modo particolare in cui si presenta e incide nella nostra quotidianità è molto importante. Il rischio di sottovalutare le nostre emozioni è quello di affidarci a rimedi esterni, vane speranze e prescrizioni rigide per appiccicare un cerotto sulla ferita sanguinante, per tentare  di rimediare all’alimentazione inconsapevole e agli eccessi. Si potrebbe passare da una dieta all’altra, digiuni o periodi di stretto controllo intervallati da eccessi, che ancora una volta amplificano il problema o semplicemente si limitano a tamponarlo con il cerotto di cui sopra.


La soluzione si può ricercare solo all’interno del problema, che in questo senso è la fonte più preziosa di informazioni. Se mangiamo per sentirci meglio, non pensare, scappare dai problemi, non provare disagio, è lì che dobbiamo focalizzarci per trovare la soluzione che evidentemente non è nel cibo.


Possiamo vincere la fame nervosa solo se ci arrendiamo a noi stessi e smettiamo di combattere contro il cibo, che evidentemente non è il nostro nemico. 


La Mindful Eating è un approccio che esce dal sentiero familiare del controllo, delle recriminazioni, dei giudizi, delle diete e ci rieduca alla cosa più naturale del mondo, che è sentire, sintonizzarci con le sensazioni del corpo e aprirci all’esperienza con tutte le sue qualità e sfumature.


La cosa che ho sentito più spesso nei miei corsi di Mindful Eating è: 




Ormai non penso di poter più riuscire, ho provato di tutto, non ho abbastanza forza di volontà e disciplina.


Spesso le persone vedono il cibo come un potenziale nemico che può far perdere il controllo, che fa ingrassare, pensano che serva a qualcosa canalizzare le energie in una guerra contro certe categorie di alimenti. E gli attributi necessari in questa  guerra sarebbero controllo, forza, volontà, disciplina. 


Ma queste qualità, assumendo pure come sensata la metafora, al massimo possono farci vincere la battaglia, non la guerra. 



Si ha bisogno di riportare concretezza, sensibilità e connessione con il corpo, di riagganciare il corpo all’esperienza alimentare e riconoscere la moltitudine di variabili in gioco: emozioni, pensieri, giudizi, etichette, giusto non giusto, dovrei non dovreiC’è molto di più mentre mangiamo, mi verrebbe da dire che ci sono tante parti di noi che cercano cibo, al punto che ha senso chiedere : chi ha fame qui dentro? È la rabbia che ha fame? È la tristezza, la solitudine, la paura, la noia? È la mente che mi dice che a quest’ora il piatto va riempito? O lo stomaco brontola e lo riempio per non sentirlo? 


La Mindful Eating illumina un mondo sommerso dal tentativo di controllo ed evitamento, dal conteggio delle calorie e dagli aspetti quantitativi dell’esperienza, restituendo dignità alla qualità dell’esperienza, al rapporto con il cibo, al piacere di vivere in maniera diretta e soddisfacente.


L’unico modo per rispondere alla fame emotiva è occuparsi di emozioni per imparare a gestirle, in modo da non dover più ricorrere al cibo in maniera inconsapevole e impulsiva e non dover più usare il cibo come un farmaco per sopprimere o ridurre certi stati d’animo, cosa che tra l’altro non funziona.


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