Hai presente quella vocina che ogni tanto ti sussurra frasi come:
“Ma chi te lo fa fare?”
“Non finirai nemmeno questo progetto.”
“Sei troppo. O forse troppo poco.”
A volte arriva da fuori.
Ma, più spesso di quanto pensiamo, quella vocina siamo noi.
Siamo noi che ci parliamo in modo duro, giudicante, spietato.
Senza nemmeno rendercene conto.
Le parole sono potenti. Più di quanto immagini.
Come dice Paolo Borzacchiello:
“Le parole non sono strumenti per descrivere la realtà. Le parole creano la realtà.”
E se è vero che le parole sono semi, io per anni ho piantato quelli sbagliati.
Perché mi raccontavo una storia che suonava più o meno così:
“Hai troppe idee e nessuna chiarezza.”
“Non porti a termine niente.”
“Cambi sempre strada, ti manca costanza.”
E certo, guardandomi indietro c’erano segnali su cui potevo appoggiarmi per dare forza a quel racconto:
💭 Ho frequentato il liceo scientifico con indirizzo linguistico (già un mix non banale),
🎓 e al momento dell’università ero in dubbio tra filosofia, giurisprudenza (diritto internazionale) e ingegneria.
💻 Amavo i computer, le parole, la mente umana.
Alla fine ho scelto ingegneria, e oggi, con un po’ di distanza, ho fatto ancora scelte diverse:
import e pianificazione strategica da 26 anni,
formazione, coaching, scrittura,
e tanti altri progetti che amo ma che… a volte lascio a metà.
Tipo quei 10 romanzi iniziati e mai conclusi.
O quel corso di trading che non ho mai messo in pratica.
O ancora, quando suonavo nella banda del paese (e dicevano anche che ero bravina!), ma a 13 anni ho mollato.
A 15 ho lasciato anche il basket.
E poi, vabbè, la torta bruciacchiata portata a scuola per la festa. Quella è stato proprio un disastro. 😅
Il punto non era essere sbagliata.
Il punto era non conoscermi abbastanza.
Lo dice bene Michelle Obama:
“Le parole contano. E il modo in cui le usi può fare la differenza tra costruire un ponte o alzare un muro.”
Ed è lì che ho iniziato a cambiare il linguaggio.
Non tutto insieme, eh. Un passo alla volta.
Ho iniziato a parlarmi come parlerei a una persona che amo.
✨ “Non sei inconcludente” è diventato “Hai una mente viva, ti servono strumenti per scegliere con più calma.”
✨ “Non hai costanza” è diventato “Hai bisogno di un ritmo tuo, non standard.”
✨ “Non sai cosa vuoi” è diventato “Hai tanti interessi: iniziamo da quello che ti fa brillare adesso.”
Anche le parole degli altri possono curare
Elizabeth Gilbert scrive:
“La tua voce è tutta tua. Non lasciare che il rumore del mondo la copra.”
Maya Angelou ci ricorda:
“Le persone dimenticheranno ciò che hai detto e fatto, ma non come le hai fatte sentire.”
E Brené Brown:
“Parlare a noi stesse con gentilezza non è debolezza. È un atto di coraggio quotidiano.”
Il mio piccolo rituale quotidiano (con parole buone)
Ogni mattina, prima che la giornata prenda il volo e mi travolga:
bevo un bicchiere d’acqua fresca,
leggo una frase motivazionale (di quelle che ti mettono la schiena dritta e il cuore calmo),
e faccio un check mentale: di cosa ho bisogno oggi per stare bene?
La sera, prima di dormire, leggo per almeno 5 minuti.
Anche se crollo dopo tre righe. È il mio momento di stacco. Di ritorno a me.
Le parole sono anche questo: strumenti di cura quotidiana.
E tu, come ti parli?
Ti va di iniziare da una cosa semplice?
Scrivi una parola gentile su un post-it.
Una parola che ti faccia sentire sostenuta, vista, vera.
Appiccicala allo specchio. E ogni giorno, leggila come se te la dicesse un’amica.
Le parole possono spezzare…
Ma possono anche ricucire.
Sceglile con amore. Per te.
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Raffaella