We the Brands

Così potrebbe iniziare il preambolo della costituzione dei brand. Essere un brand non è mai stato così complesso, diciamo umano.

  • Autore: Irene Pepe
  • 18.04.2016
  • tempo di lettura: 02:43

Così potrebbe iniziare il preambolo della costituzione dei brand. Essere un brand non è mai stato così complesso, diciamo umano.

Il marchio, nato per riconoscere un prodotto da un altro, è cresciuto. Ha attraversato una fase di crescita turbolenta sino ad acquisire una sua identità, un vero e proprio carattere e offrire una sua vision, un punto di vista personale che non può più tradire (citando Pietro, un'impresa saprà risultare tanto più credibile sul mercato, quanto i suoi messaggi saranno in linea con la propria identità e con gli obiettivi strategici che si è posta).

Ma l'antropomorfizzazione del brand non si limita all'aspettativa di un agire coerente, il brand festeggia il compleanno (ricordiamo il 50° compleanno di Nutella che viene festeggiato in tutto il mondo con eventi e partecipazione della community di fan), crea dei rituali condivisi dalla propria comunità (uno tra i tanti è il saluto "jeep wave" tra chi guida le jeep) e si fa portavoce di istanze sociali (vedi il video della Cnn su Will You di Tiffany).

Entrando così fortemente in comunione con l'identità delle persone, il brand non può essere immaginato senza ascoltare e considerare la loro creatività e la relazione esperienziale che vivono con il brand. Per questo si parla di Brand Sharing.

Come scrive Angela nel suo articolo sulla Brand Society, il brand non ci parla più di merci ma di legami, infiltrandosi nelle pratiche quotidiane e nel linguaggio che le descrive.

I brand, ci spiega il Prof. Cova, sono diventati comunità che si formano intorno a simboli, il consumatore è diventato membro di una tribù ed il marketing di conseguenza è diventato ethnomarketing.

Il brand viene riempito di significato dalla comunità che lo vive e agevola la partecipazione dell'utente alla vita del brand, al co-design dei suoi prodotti e crea un ambiente in cui sia libero di esprimersi attraverso l'appropriazione della marca. Quest'ultimo elemento è forse il più visibile: in sempre più corporate website si chiede alle persone di condividere le loro esperienze legate al brand (Nutella Stories di Ferrero) in cui viene favorita "l'esposizione del sé, quindi favorire una sorta di marketing personale di ciascun membro della comunità" o si crea uno spazio atto a raccogliere le storie delle persone legate ai valori a cui si ispira il brand (#EverydayClimbers di Levissima).

La direzione in cui andare appare chiara: i brand che emergeranno saranno quelli che comprendendo il cambiamento, costruiranno una relazione più "umana" con le loro comunità e lo faranno con ricettività e creatività.

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