Tutti abbiamo una storia da raccontare, anche i brand

​Prendete un eroe, assegnategli un'impresa che implichi superare in un suo punto debole, definite un avversario, non dimenticate che al protagonista potranno essere dispensati aiuti magici da provvidenziali aiutanti per conquistare il bramato tesoro, concludete con un gran finale in cui siano tutti felici e contenti.

Prendete un eroe, assegnategli un'impresa che implichi superare in un suo punto debole, definite un avversario, non dimenticate che al protagonista potranno essere dispensati aiuti magici da provvidenziali aiutanti per conquistare il bramato tesoro, concludete con un gran finale in cui siano tutti felici e contenti. Questa è la classica struttura pentadica di una storia, le sue cinque dimensioni basilari senza le quali non potrebbe funzionare. Per iniziare a parlare di storytelling, una tipologia di comunicazione aziendale da tempo diffusa e talvolta anche un po' abusata, è necessario definire che cosa sono le storie, come funzionano, perché sono così efficaci nel trasmettere un messaggio e soprattutto che rapporto viene a crearsi tra la nostra mente e le storie.

Il grande successo dello storytelling affonda le sue radici in ambiti quali la filosofia e la psicologia, e nello specifico nelle correnti che trovano respiro alla fine degli anni settanta del novecento, periodo in cui viene introdotta la psicologia cognitiva. Alcuni psicologi del tempo, studiando la mente umana, avevano scoperto che funzionava bene sia come processore di dati sia come processore di storie, di narrazioni. Ma esattamente, che cosa sono le narrazioni? Sono un medium linguistico, un modo in cui si possono organizzare e trasmettere contenuti al fine di trasferire informazioni tra le menti, (un esempio di prime narrazioni sono i grandi miti e l'epica greca). Le storie dunque possono essere viste come un dispositivo ordinatore utile per percepire la realtà esterna sotto forma narrativa che attribuisce senso al tutto. Riassumendo possiamo assumere che le narrazioni sono una forma organizzativa che imponiamo alla realtà esterna, sono eventi che si susseguono secondo logiche di tipo causale e sequenziale e sono proprio le storie stesse a dare senso ad esperienza, conoscenza e a strutturare la nostra memoria.

Le storie, dunque, sono il modo attraverso cui percepiamo il mondo che ci circonda, ma come funzionano? Per prima cosa subentra la così detta sospensione dell'incredulità, ovvero, seppur consapevoli del fatto che una cosa non sia vera, fingiamo di crederci per non rovinarci il piacere di conoscere il seguito della stessa storia, che tuttavia, deve essere una mimesi della realtà, dunque risultare verosimile. Un'altra peculiarità delle storie è quella di poterci trasportare in un altro tempo e in un altro luogo, possiamo partecipare con la mente agli eventi non nel momento e nel luogo in cui viviamo ma seguendo quelli dettati dalla storia. Nel sentire un racconto si attua un'emozionalità autobiografica, hanno un potere evocativo che attivano attraverso processi di riconoscimento di noi stessi o di persone a noi vicine e care.
Ultima caratteristica, di certo non meno rilevante, è quella dell'attività co – costruttiva, le storie sono piene di non detto e funzionano perché esprimono una sintesi di processi che la nostra mente attua per comprendere, compila il non detto, e così siamo sempre attivi e coinvolti. E' facilmente intuibile, a questo punto, che le storie non raccontano una sola e univoca realtà, poiché sono il racconto personale di un evento oggettivo che verrà filtrato e modificato dal narratore.

Occorre fare una distinzione a livello semantico di tre vocaboli: storia, racconto e narrazione. Si definisce storia la sequenza logica, temporale e causale con cui si sono svolti i fatti. Il racconto è il modo in cui la storia viene messa in discorso e la narrazione è l'azione del raccontare.

Ma arriviamo al punto centrale del discorso, a che cosa servono le storie e come le possiamo usare a nostro vantaggio, soprattutto in ambito di marketing?

Il nostro consumo, al giorno d'oggi è fatti di segni: non compriamo prodotti o merci bensì loghi, marchi, universi simbolici, perché le marche raccontano chi siamo, sono artifici rappresentativi attraverso cui ognuno si racconta agli altri. Un determinato prodotto, molto spesso, non ci serve per l'effettivo valore d'uso, ma decidiamo di acquistarlo soprattutto per motivi legati a ciò che racconta di noi. Il consumatore acquista, oltre al prodotto in sé, anche la storia che quel determinato oggetto racconta.

Tuttavia, il tema dello storytelling, essendosi affermato in un mondo pre-social, ha subito diversi cambiamenti in questi ultimi anni. Innanzitutto, i pubblici non sono più i target televisivi di una volta, ora sono community connesse dotate di potere che, grazie al digitale, non si limitano a guardare lo spot pubblicitario ma lo condividono, se ne appropriano e lo modificano. Oggi, nella creazione di storytelling, le persone per cui è pensato intervengono direttamente; la logica odierna è quella di spingere l'azienda a stimolare i clienti stessi a creare il contenuto delle narrazioni, user generated content, così che vi sia una costruzione narrativa polifonica a più mani. Il processo di marketing storytelling consiste nel produrre storytelling efficace per le personas di riferimento del brand: partendo dagli obiettivi strategici, si indaga quali siano le personas e in seguito si apporterà uno sforzo di creatività per arrivare alla produzione di una narrazione. E' determinante, per la buona riuscita di questo genere di comunicazione, leggere il momento narrativo biografico dominante del pubblico a cui ci si rivolge. Sarà essenziale chiedersi per esempio, in quale fase della vita stanno vivendo gli appartenenti al target di riferimento, quali siano i punti di fatal flaw a cui devono far fronte, se stanno attraversando snodi particolari dell'esistenza a cui devono far fronte.

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