“The medias that never sleep “o “POE racconta il brand”, ma niente paura

Operare in una network society pone alle aziende sfide notevolmente difficili anche sul campo di battaglia in cui fino a poco tempo fa il lato dell'offerta sembrava tenere le redini dello scontro: la pubblicità.

Operare in una network society pone alle aziende sfide notevolmente difficili anche sul campo di battaglia in cui fino a poco tempo fa il lato dell'offerta sembrava tenere le redini dello scontro: la pubblicità.

L'orizzonte mediatico è cambiato: i nuovi mezzi di informazione e di interazione non possono semplicemente essere "pagati" per far parlare di sé. Se il capitale finanziario destinato agli investimenti sulle inventories – ovvero, gli spazi mediatici di ogni tipologia, dalla radio alla tv alla stampa cartacea forniti dai media-owners – era fino a qualche decennio fa il driver principale della viewability di un brand, adesso altre variabili rilevanti entrano in gioco. Qui il denaro conta poco: prontezza, connessione sempre attiva con i propri clienti – attuali o potenziali – e creatività sono le carte che le aziende devono giocare al meglio, qualunque sia l'obiettivo strategico perseguito, e in sinergia con l'investimento economico in una campagna pubblicitaria opportunamente integrata sui vari canali mediatici a disposizione.

"POE" è l'acronimo per il nuovo modellodi gestione della comunicazione mediaticae basata sull'interazione di 3 dimensioni complementari.

Il PAID, lo spazio delle impressions, oggetto di una complessa e sempre più informatizzata compravendita tra media-owners e brands, in cui fondamentale è il ruolo di intermediazione svolto dalle media agencies – tra cui figura la Zenith Optimedia di Luca Marinaro. Qui si svolge la campagna pubblicitaria tradizionalmente intesa, per periodi di tempo tendenzialmente limitati e soggetti alle disponibilità finanziare dei singoli acquirenti.

La novità è data però dalle due modalità always on: l'OWNED, inteso come l'insieme degli strumenti di interazione – i touchpoints – tra la domanda e l'offerta, di proprietà stessa dell'azienda, dai profili attivi sui social networks alla realtà fisica del punto vendita; l'EARNED, il complesso e per certi versi incontrollabile scenario del "detto" che si sviluppa attorno al brand e all'azienda sui touchpoints e i canali mediatici utilizzati in campaigning. Da qui, la necessità impellente per l'azienda – in collaborazione con le creative and media agencies – di sviluppare un piano integrato e perfettamente coordinato, capace di ascoltare l'utenza e offrire eventualmente una risposta tempestiva a dinamiche potenzialmente controproducenti.

Appositi strumenti possono diventare ottimi alleati. Uno tra questi, il software Catalyst, permette di ottimizzare l'allocazione del budget e il marketing mix su diversi touchpoints e in funzione di specifici obiettivi. A strumenti di analytics è poi possibile affiancare altri tools più qualitative–oriented. Una Brand Experience Map, ad esempio, è in grado di concepire una campagna in modo sincronico, cogliendo i legami tra i diversi touchpoints, i contenuti e le tempistiche da considerare affinché, affiancato a una vincente strategia mediatica, l'always on non disturbi.


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