Nutella vs Google: ad ogni bisogno, il proprio big brand

È di poche settimane fa la notizia della scomparsa di Michele Ferrero, patron dell'omonima azienda piemontese, primo italiano a comparire nella lista Forbes 2014 dedicata ai paperoni di tutto il globo, ma soprattutto inventore di uno dei prodotti più consumati da mezzo secolo: la Nutella.
Tra commozione e dispiacere, anche il popolo del web ha voluto rendere omaggio a chi ha rivoluzionato la vita di tanti, golosi e non, me compresa.


Che si tratti di un'innovazione radicale è chiaro a tutti. Dalla totale coincidenza tra prodotto e marca (l'aspirazione di ogni brand manager!) al pay-off che recita: "Che mondo sarebbe senza Nutella?". Al tempo della comunicazione digitale, il food e la Nutella non passano certo di moda, ma i bisogni si allargano. Così entra in scena Google che, come Nutella, ha cambiato il modo di fare le cose, prima fra tutte cercare informazioni.

Anche questa volta, il volume d'affari è da record, il servizio/prodotto offerto viene associato quasi sempre a BigG (ma bisogna pur sempre fare i conti con le quote di mercato di Bing e Yahoo!!!) e i fondatori, Larry Page e Sergey Brin, occupano posizioni di rilievo nel ranking della rivista americana.

Eppure molti Google-addicted non sanno come funziona la macchina Google Search (97% dei ricavi) e quante poche risorse servono per creare e trasferire valore al cliente finale.

La maggior parte delle voci di spesa sono, infatti, riservate a energia elettrica, software e computer (costi fissi). Questi elementi sono indispensabili per lavorare i preziosi dati che gli utenti lasciano quando, famelici di informazioni, navigano nel mare magnum di Google.

Quando si digita una parola, senza saperlo si depositano le proprie intenzioni e i propri comportamenti al grande patrimonio di Google. Il lavoro, a questo punto, è semplice. A BigG spetta il compito di far sì che il nostro click cada direttamente sulle aziende, i clienti finali, che si trovano nella parte superiore e in quella laterale destra del motore di ricerca (annunci AdWords).

Insomma, con un minimo sforzo registra i nostri comportamenti e li rivende ai merchant che, attraverso un posizionamento strategico, ottengono visualizzazioni.

E come in ogni modello di comunicazione, anche Google fa uso del premio e del sussidio. Il premio è rivolto alle aziende che pagano le visite effettive ricevute dagli utenti. Il sussidio, invece, è destinato agli utenti che ricevono servizi a costo zero.

Ma se questo modello funziona è perché Google oggi rappresenta a tutti gli effetti un hub. È impossibile non frequentarlo. È un punto di raccordo tra aziende, clienti e content provider. È proprio su questi ultimi che fa gratuitamente leva BigG per adescare l'attenzione e l'intenzione degli utenti. Ma, a loro volta, sono i content provider che hanno bisogno degli utenti per generare traffico e incrementare la presenza degli investitori pubblicitari.

C'è poco da fare: tutti sono su Google e tutti hanno bisogno di Google.

PS: Ciao Papà Nutella, lei che ci ha unito anche più dei social network. Grazie!

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