Non tutti i pubblicitari sono cattivi

"La pubblicità è la più grande forma d'arte del 20° secolo"

(M. McLuhan)

La pubblicità è considerata il regno del male, "un regno in cui, pur di vendere un dentifricio in più, non solo si esaminano le abitudini delle persone con mille ricerche di mercato, ma si scomodano i segreti della narratologia, delle fiabe e persino l'armamentario della psicologia." (Morici, 2014)
L'opinione pubblica pensa che la pubblicità debba convincere i consumatori a comprare creando falsi bisogni, mentendo e manipolando, che tratti le persone come stupidi bersagli, un'attività disonesta e inutile, che fa solo aumentare i prezzi dei prodotti (fonte astra ricerche). I pubblicitari sono dunque imbonitori, burattinai che muovono fili invisibili nascosti nei loro uffici ai piani alti.
Eppure è un mestiere affascinante e complesso, perché si è arrivati a pensare questo?
Uno dei motivi è probabilmente la nascita negli anni '60 di una nuova categoria di professionisti, i cosiddetti Mad Men, nome che i pubblicitari di Madison Avenue diedero a se stessi. La loro fama di "uomini cattivi" ebbe una grande diffusione a livello mondiale in quegli anni grazie alla ricerca del sociologo V. Packard, pubblicata nel saggio "I persuasori occulti" in cui denuncia le loro nefandezze, accusandoli di rubare i segreti alle scienze sociali per invadere il mondo con messaggi subliminali e subdoli condizionamenti, insomma il lato oscuro della forza, persone pronte ad entrare nelle vite altrui per costringerle a comprare. [VIDEO dialoghi tratti dalla serie TV Mad Men:

1 Advertising e felicità:

2 Advertising e bugie:

3 Advertisin e amore:

Per anni si è diffusa quindi l'idea che fare pubblicità fosse sinonimo di ingannare, ma la sua etimologia è ben diversa, deriva dal francese publicité, ossia «pubblico» e allora bisogna iniziare proprio da qui, scegliere come punto di partenza i destinatari dei nostri messaggi. Questo il consiglio del prof. Paolo Iabichino, che nel suo libro Invertising ci suggerisce di invertire la rotta, cambiare il modo in cui l'advertising è stato concepito finora. Chi fa questo lavoro si ritrova in un vicolo cieco con un'unica possibile via d'uscita: dire la verità.
Grazie ai nuovi mezzi di comunicazione come il web e i social, che hanno abbattuto ogni barriera, oggi abbiamo la possibilità (e allo stesso tempo la responsabilità ) di redimerci, agendo in modo trasparente. I prodotti diventano auricolari per ascoltare chi li utilizza e che spesso li conosce meglio di noi. I mercati sono conversazioni e sono fatti di esseri umani recitano le prime 2 tesi del cluetrain manifesto, per questo bisogna creare narrazioni credibili e coerenti intorno alla marca e alla sua immagine, perché le persone non comprano ciò che fai, ma il motivo per cui lo fai. L'obiettivo oggi non è essere acquistati, ma scelti.
La pubblicità tende a creare senso e identità al pari delle più nobili arti espressive dell'umanità, afferma Morici, il quale sostiene che si può fare marketing rimanendo brave persone, che i pubblicitari hanno anche un'etica oltre che una poetica. Se vista come un'attività generativa, che crea senso, dà valore alle persone e alla loro vita. Le narrazioni intorno a un prodotto diventano veicoli per la costruzione dell'identità, perché la pubblicità trasforma semplici prodotti in oggetti mitici, che diventano parte della storia di vita di ognuno di noi.

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