La crisi del digitale

Si tratta di una lunga fase di adattamento, come quando fu “inventata” la scrittura

Se il digitale non è una rivoluzione, cos'è? Una lunga crisi. Come se fosse comparso all'improvviso un homo digital. Assistiamo ad una fase che non possiamo più definire rivoluzionaria: la rivoluzione è già avvenuta. È il momento di adattarsi. L'homo digital sopravviverà all'homo sapiens sapiens? Dipende dai bambini. Sì, perché loro che si adattano subito. Sono loro che prima agiscono e poi, semmai, ragionano e riflettono. Noi siamo abituati a fare il contrario.

Il Prof. Fausto Colombo, ordinario di Teoria e tecniche dei media alla Cattolica di Milano, ha illustrato questo semplice ma fondamentale concetto. Un esempio. Si pensi ad Omero, a Iliade e Odissea. Omero non è mai esistito: illustri filologi hanno cercato di dimostrare come sotto questo nome confluisca una tradizione di aedi e che qualcuno abbia "soltanto" cucito i vari racconti dei poemi in un libro. Soltanto? Forse no. Perché l'Iliade e l'Odissea non sono soltanto libri, essi sono l'invenzione del libro. Rappresentano il passaggio da una società prevalentemente orale ad una civiltà scritta. Poco? No. Fu una rivoluzione, certo, ma in primis fu una lunga crisi. L'uomo non sapeva leggere, non sapeva scrivere: credete sia stato semplice "modellare" il cervello su quelle nuove competenze? Acquisimmo una prima skill.

È passato solo qualche migliaio di anni dall'invenzione della lettura. L'invenzione ha portato con sé una parziale riorganizzazione del nostro cervello, che a sua volta ha allargato i confini del nostro modo di pensare mutando l'evoluzione intellettuale della nostra specie. Non c'è un'area del cervello deputata alla lettura, (…) la specie umana ha imparato a leggere usando con elasticità e creatività biologico-evolutiva le capacità che aveva a disposizione.[1]

È in buona sostanza quello che accade oggi. La distinzione tra digital natives e digital immigrants del sociologo Marc Prensky sembra quasi già superata.


Si parla di "saggezza digitale", "concetto dal duplice significato: la saggezza che si riferisce all'uso della tecnologie digitali per accedere al potere della conoscenza in una misura superiore a quanto consentito dalle nostre potenzialità innate; e quella che si riferisce all'uso avveduto della tecnologia per migliorare le nostre capacità"[2]. Nel Fedro di Platone, Fedro domanda a Socrate se non ritenga la parola scritta "una desolata immagine della parola di chi sa, vivente e animata", e il Maestro risponde: "Essa produrrà dimenticanza nelle anime di chi impara, per mancanza di esercizio della memoria proprio perché, fidandosi della scrittura, ricorderanno le cose dell'esterno, da segni alieni, e non dall'interno". Gli apocalittici non sono mai tardivi


[1] Maryanne Wolf, "Proust e il calamaro"

[2] Marc Prensky, cit. in http://www.tdjournal.itd.cnr.it/files/pdfarticles/PDF50/2_Prensky.pdf

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