I bisogni al tempo del digital

"Le nostre necessità sono poche, ma i bisogni infiniti"

La frase di Josh Billings, al di là della curiosa valenza sociologica, se scritta sul muro del reparto marketing di una qualsiasi azienda, farebbe di certo la gioia dei suoi impiegati e assicurerebbe, almeno in teoria, un futuro all'impresa stessa. Se, infatti, le organizzazioni esistono per soddisfare i bisogni dei consumatori, e il marketing, come sottolinea il professor Paolo Bertozzi, ha come scopo quello di conoscerli per offrire risposte migliori dei concorrenti, bisogna supporre che l'esistenza di infiniti bisogni garantisca alle imprese la sopravvivenza, nella misura in cui esse si mostrino in grado di comprenderli al meglio.

Più facile a dirsi che a farsi. E infatti, per quanto i bisogni, a dire di Billings, siano infiniti, le imprese non sono affatto immortali e, se il successo gira tutto attorno alla loro analisi, un solo errore potrebbe condurre al fallimento (primo fra tutti quello di confondere i desideri con i bisogni).

Da Maslow a Herzberg, da Mc Gragor Douglas a Vroom, in molti hanno tentato di sistematizzare questi arcani elementi della natura umana; ma mai come oggi la necessità di un loro presidio costante è stata così impellente. Nell'era del digitale, dove la tecnologia ha accorciato all'estremo il ciclo di vita della maggior parte dei prodotti e accelerato i ritmi dell'esistenza umana, i bisogni si fanno sempre più complessi, sfuggenti ed eterogenei, e necessitano di metodologie di indagine più efficaci. Sempre meno interviste, focus group, indagini a campione, quindi, e sempre più google analitycs e presidio della rete. Sì, perché è nel web che oggi troviamo i bisogni dei consumatori, nero su bianco, nascosti tra un like e un tweet, un pin e uno share. E la bravura delle imprese sta nel trovarli, capirli e utilizzarli per allineare la propria offerta.

Le imprese devono modificare il loro approccio se vogliono continuare ad essere competitive e, soprattutto, devono imparare a presidiare adeguatamente la rete e comprenderne le percezioni. Un'impresa che non considera il web come elemento strategico di ascolto, si avvarrà di un marketing approssimativo, poiché la sua offerta sarà basata su un ascolto parziale e imperfetto della domanda.

I dati raccolti tramite i metodi tradizionali, oltre a giungere in ritardo (a causa delle lunghe metodologie di elaborazione), infatti, peccano di tutta una serie di difetti insiti nella natura stessa delle metodologie (mancanza di sincerità del rispondente, errata formulazione della domanda…), difetti che cadono nel caso di analisi dell'operato spontaneo e sincero degli utenti sul web.

Il marketing digitale, non è più un modo di fare marketing, è il modo di fare marketing e chi ancora non lo comprende, sta trascurando il bisogno aziendale più grande di tutti, l'unico che può garantire la sopravvivenza.

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