Google e la comunicazione ai tempi del multilateral market

Il successo dell’azienda di Menlo Park è strettamente collegato al suo saper utilizzare lo scambio di informazioni come leva organizzativa, realizzando l’incontro tra domanda e offerta nella modalità più efficiente possibile per tutte le parti.

Se ci chiedessero di identificare l'era del 2.0 con un'idea o un evento emblema della rivoluzione che ha sconvolto gli stili di vita, l'informazione e la comunicazione probabilmente staremmo già digitando le parole chiave della nostra ricerca su Google. Altrettanto automaticamente, selezioneremmo fiduciosamente i primissimi risultati, senza renderci conto di avere già la risposta sottomano.

Eppure, l'aspetto meno tangibile di questa rivoluzione è l'innovazione straordinaria che Google ha consegnato all'universo del business. Come è emerso dalla lezione tenuta dal Prof. Carlo Alberto Carnevale Maffè, la società di Page e Brin incarna nella sua strategia organizzativa il principio fondamentale della comunicazione quale strumento di stipulazione del contratto tra domanda e offerta, e conseguentemente luogo di generazione del mercato e del profitto.

Google è pensabile come un hub, un grande centro logico di raccordo e convergenza di flussi informativi e comunicativi, attraverso cui transitano tre altri tipi di attori economici: gli utenti del web, le aziende clienti e i content provider delle risorse web che, preesistenti in rete, sono state indicizzate e profilate all'interno del motore di ricerca dalla tecnologia dell'algoritmo.

Nel nuovo mercato multilaterale, Google è il perno ottimizzatore, e tutto ciò che tramite esso è scambiato circola per generare nel modo più efficiente possibile un plusvalore. Ma allora, cosa ha reso la società una delle prime al mondo per fatturato se l'accesso alle informazioni e ai contenuti che organizza è libero e gratuito? Il segreto di Google risiede nello sfruttare al massimo il potenziale degli attori coinvolti, le cosiddette "esternalità", ovvero fenomeni economici che si riverberano sugli altri attori, positive se producono risultati di accrescimento del valore degli altri, o negative, nel caso contrario.

Il mercato multilaterale si muove grazie all'interazione tra queste esternalità, distinte ulteriormentetra "same-side" e "cross-side", a seconda che i loro effetti ricadano sugli stessi produttori o al di fuori di essi. Nell'esperienza pratica di Google l'esternalità è evidente: gli utenti impegnati in una determinata ricerca, attraverso i click e il surfing time accrescono gli indici di rilevanza delle pagine web, facilitandone la fruizione ad altri utenti, fornendo informazioni utili sulle preferenze di ricerca,che, opportunamente "profilate" sulla base di caratteristiche prevalentemente sociodemografiche, rappresentano il valore aggiunto nella catena di produzione. Google detiene monopolisticamente la possibilità - esclusiva - di produrre un output, prezioso per la sua scarsità: l'attenzione umana, arricchita della componente intenzionale, tradotto nel click. Ancora una volta, Google trae il massimo profitto dal gioco delle esternalità, soprattutto negative, massimizzando i guadagni nel vendere l'esclusività della pole-position, e quindi maggiore visibilità, al miglior offerente (per capire meglio come funziona Adwords vedi video).

Sembrerebbe allora che i benefici per gli utenti surclassino eventuali costi di "privacy violation", perché cambia il ruolo della domanda, e di conseguenza, dell'offerta. Da "ladri di attenzioni", le aziende diventano fornitrici di informazione di fronte a una legittima intenzione di riceverla, grazie a un sistema di cui siamo coproduttori e che Google si "limita", brillantemente, a organizzare.

Commenti

Devi effettuare il login per poter commentare