Dimmi che APP hai e ti dirò chi sei

"Everything is going mobile". Questa è la frase che si pone come punto di partenza per la lezione sul mobile marketing tenuta dal professor Gianluca Diegoli al corso Upa 2017.

"Everything is going mobile". Questa è la frase che si pone come punto di partenza per la lezione sul mobile marketing tenuta dal professor Gianluca Diegoli al corso Upa 2017. Noi siamo abituati a parlare di mobile come fosse una nuova tipologia di marketing, ma in un mondo in cui tutto della nostra vita passa attraverso lo schermo del nostro cellulare, questa di configura più come una nuova e inevitabile sfida per i brand. Che ormai il telefono costituisca un compagno inseparabile alla vostra vita, infatti, è evidente e i dati lo testimoniano. Più dell'80% del nostro traffico internet è ormai mobile, con quote che raggiungono quasi il 100% se si considera l'attività di messaggistica, e un crescente 30% per gli acquisti. La diffusione dei telefoni è enorme, per un totale di 3 smartphone ogni due pc e con un picco di utilizzo nelle fasce d'età dei millennials, i quali per l'87% non abbandonano mai il proprio dispositivo.

In un mondo dominato dal mobile, come cambiano le abitudini dei brand, in che modo si mobilitano per comprendere e rispondere alle nuove necessità degli utenti?

Che le marche debbano imparare a insinuarsi all'interno di questo nuovo costumer journey, appare come una risposta persino scontata, ma che si complica nel momento in cui si passa dalla teoria ai fatti. Le schermate del nostro dispositivo mobile, infatti, non limitate, e fra l'infinità di app che abbiamo a disposizione nel nostro store, la nostra scelta cade solo su alcune, poche, e molto selezionate. Per questo motivo i brand sono in competizione continua fra loro, sia dal punto di vista visivo, che fisico, per potersi insinuare in quello spazio intimo e personale che è il nostro schermo. Non basta per questo che le applicazioni ci conquistino, e ci spingano a scaricarle, perché se queste non entrano nelle nostre abitudini, possono sempre essere soggette a eliminazioni per far posto a nuove. In questo processo ciò che ci muove è un principio di comodità: non vogliamo dover perdere tempo inutile sul browser se abbiamo un'app che svolge lo stesso compito prima, e meglio. Perché non rinunceremmo ad avere gmail, amazon e instagram sempre a portata di mano, e solo per citarne alcune? O a farci portare a casa il cibo, poter avere il prodotto acquistato in un giorno lavorativoe una casa di vacanze a un prezzo popolare? Perché è vero che abbiamo il telefono sempre in mano, ma è ugualmente vero che siamo passivi di fronte ad esso, il nostro tasso di attenzione è basso, scandito da micro sessioni da 120 secondi l'una, ricco di imput soprattutto visivi, che difficilmente approfondiamo perché presi da altro, addirittura da altri schermi.

Compito delle aziende quindi è chiedersi come poter rendere più comoda la comodità stessa, ossia come poter migliorare un secondo della vita dei propri clienti. Non sempre questo compito viene svolto nel migliore dei modi, e i brand si sono limitati nelle loro app a una replica del sito fisse nella loro posizione nell'appstore in attesa di essere cercate. È il brand, ci dice Diegoli, che deve muoversi verso l'utente per raggiungerlo li dov'è, conoscere chi è e come acquista attuando un equilibrio fra return, utente e tecnologia. Solo se conosco il mio cliente come una persona non esperta di vini agirò per consigliarla proprio nel luogo dove lui acquista, il supermercato, utilizzando lo strumento più immediato, la fotocamera, permettendogli di parlare del prodotto e ottenere promozioni dedicate sulla base di quello compra. Così nasce vivino, e così ottiene la fiducia dei clienti, perché parlando di app non conta quanto tempo ci passi, ma che non saresti disposto a cederla per niente al mondo.

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