Consumatori postmoderni nell'era di Primark

Tematicità, versatilità, accessibilità: queste le parole chiave della nostra società. Non viviamo più in un'epoca di fedi forti ma in un mondo in costante movimento. Il cambiamento si attua con la fine delle rendite di posizione nel mondo occidentale avanzato: più le persone si autonomizzano, ritengono di avere capacità di discernimento autonomo e di scegliere e meno tutto quello che è sovraindividuale ha il potere di influenzarle.

Tematicità, versatilità, accessibilità: queste le parole chiave della nostra società. Non viviamo più in un'epoca di fedi forti ma in un mondo in costante movimento. Il cambiamento si attua con la fine delle rendite di posizione nel mondo occidentale avanzato: più le persone si autonomizzano, ritengono di avere capacità di discernimento autonomo e di scegliere e meno tutto quello che è sovraindividuale ha il potere di influenzarle. La stessa cosa capita ai brand, intesi come istituzioni. In che modo? Oggi ci sono in campo almeno due inversioni. La prima è che un brand nuovo diventa più rilevante di quello che ha anni di storia: non c'è più bisogno di avere un'heritage per contare sulla fiducia dei consumatori. Un'altra inversione è il rapporto prezzo/qualità: cade l'assioma che se una cosa costa di più vale necessariamente di più. Questo non significa che non siamo disposti a spendere ma che investiamo su altre dimensioni che siano emozionali o di stile e meno di qualità. Un esempio chiaro di entrambe queste controtendenze è Primark, catena hard-discount di abbigliamento e accessori.
Il brand low cost britannico-irlandese più famoso al mondo è ben noto alle fashion victim, italiane incluse, opera in tutta Europa e ha ben 270 negozi in 9 paesi. Visitare uno store Primark può considerarsi un vero e proprio esperimento antropologico: cinquemila metri quadrati su due piani, brulicanti di donne agguerrite di ogni età, nazionalità, estrazione sociale, forma fisica, velleità e aspirazione.

Ma qual è la formula che ha permesso a Primark di ottenere così tanto successo? Innanzitutto il prezzo. Primark dà la possibilità di essere sempre alla moda e avere un armadio ricco di outfit diversi senza svuotare il portafoglio. I costi bassi, però, non bastano: a fare la differenza sono negozi di grandi dimensioni (con ampia varietà di scelta) e pezzi unici, in linea con le nuove tendenze: coloratissimi e in perfetto stile british.
Quello che emerge chiaramente da questo esempio è come il consumatore postmoderno si sia avviato a divenire un vero specialista dell'acquisto. Ci troviamo di fronte a uno scenario nuovo in cui la storica equivalenza tra prezzo basso e cattiva qualità così come tra prezzo elevato e ottima qualità appaia insufficiente a spiegare i fenomeni in atto. La vera qualità può solo essere quella percepita dal singolo (e pertanto soggettiva), quella che si deposita come un cookie nelle nostre mappe percettive influenzando la soddisfazione individuale. Il prezzo "giusto" assume nuovi significati per il consumatore: è la misura della sua intelligenza e della capacità di scelta. Le persone non rinuncerebbero mai all'overdose di risorse che hanno a disposizione e di cui possono fruire perché, sebbene sia complicata da gestire, fa rima con libertà e autonomia.
In questo mutato scenario noi, intanto, aspettiamo con ansia l'apertura del primo Primark in Italia, sperando l'averlo in casa non lo renda ai nostri occhi meno speciale.

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