Comunicare lo spettacolo

Il Fringe Festival di Edimburgo: cosa comporta comunicare lo spettacolo.

Diamo subito i numeri, ché non c'è tempo da perdere, la stagione degli spettacoli teatrali sta per ricominciare anche in Italia! Il numero di biglietti venduti al Fringe Festival di Edimburgo è pari 2.183.591 unità (nel 2014) e contribuisce per circa il 50% all'indotto festivaliero della capitale Scozzese. Ad oggi vanta un distretto culturale capace di vendere un totale di biglietti secondo solo ai Giochi Olimpici e ai Mondiali di Calcio. Questo rende l'idea della quantità di persone che ad Agosto, dal 1947, si riversa ad Edimburgo. Uno scenario con più di 3000 spettacoli ufficiali in cartellone (ma il numero come minimo raddoppia se contiamo la miriade di Stand Up comedy programmate tutti i giorni) con una durata media di 15 repliche e un programma che sembra un elenco telefonico, anzi ne ha tutto l'aspetto; e la grafica delle pagine conferma gli indizi.
Questo cosa comporta? Che in una città poco più grande di Bologna, con un centro storico

Questo cosa comporta? Che in una città poco più grande di Bologna, con un centro storico meravigliosamente a portata di passeggiata, dalle 10:30 di mattina scatta la caccia allo spettatore: senza possibilità di fuga.

(preview di uno spettacolo)

Il Fringe Festival ha infatti, per molti aspetti, mantenuto i suoi intenti originali: mette a disposizione spazi teatrali - a pagamento, naturalmente - ad artisti di tutti i tipi e di tutti gli ambiti e, almeno formalmente, li mette tutti sullo stesso piano, ovvero senza un particolare filtro artistico. Nell'elenco telefonico, infatti, gli spettacoli all'apparenza sembrano tutti uguali e il democratico ordine alfabetico può accostare talenti esplosivi a bonarie filodrammatiche. Se uno non ha l'occhio allenato, le differenze non le nota.

Questo cosa comporta? Sermoni e arringhe pubbliche declamanti le lodi del tale spettacolo, placcaggi di ignari pedoni sul Royal Mile per portarli a vedere il tal altro spettacolo, inseguimenti alla Resident Evil da parte dei promoter, tackle scivolati per impedirti di finire nella sala sbagliata… Si direbbe che il mercato viene aggredito a mani nude.


Iperbole a parte, quello che mi ha colpito e ho cominciato a capire dopo 2 anni consecutivi di Fringe Festival è che sebbene ci sia tanta cartellonistica, tanto battage sul web, un'app interattiva e molto efficiente, video promo, interviste, riviste specializzate e tutto l'apparato pubblicitario e promozionale che l'organizzazione mette a disposizione - a pagamento, naturalmente - degli artisti, c'è una cosa che resta di importanza imprescindibile per tutti (o quasi). Il passaparola.
Lo "spettacolo" presidia la strada: gli artisti cercano il contatto fisico con le persone e la "testimonianza" diventa una merce preziosissima per garantirsi futuri spettatori, evangelisti.

In una ideale "spectator experience" prima di conquistarsi la testimonianza, è necessario accaparrarsi l'attenzione del potenziale spettatore e qua si gioca una battaglia a suo modo epica perchè in pochissimi secondi - il tempo di uno sguardo e una manciata di parole - è necessario spiegare la natura dello spettacolo in questione a chi transita per la strada.

(la caccia di spettatori non sempre finisce benissimo)

Credo che, per un comunicatore, ci sia molto da imparare da questi artisti, che sono anche professionisti nell'inventarsi ogni sorta di diavoleria per il "mind-catching": usano tecniche molto intelligenti, in certi casi davvero sorprendenti, che vanno a colpire l'attenzione dello spettatore facendo leva talvolta semplicemente sulla situazione, altre volte sul contesto, sulla relazione o altre volte ancora sull'immaginario collettivo. E il dato ulteriormente interessante è che queste tecniche si intrecciano con elementi e dispositivi che provengono dal mondo mass mediale e digitale in particolare.

Si trovano, infatti, moltissimi spettacoli che si agganciano all'immaginario di celeberrime serie televisive come, per esempio, Breaking Bad che diviene un one-man show o Games of Thrones che diventa un musical, stravolgendone completamente la natura e la struttura. Ancora, il format della TED conference viene utilizzata per dare voce niente meno che a Satana in persona oppure allestimenti inglobano spettatori in base all'utilizzo e alla georeferenziazione di Grindr o Tinder. In altre parole, l'interazione con i media e l'immaginario mediale è a monte dello spettacolo - non a valle - e dunque passaparola fisico e il word of mouth digitale si sovrappongono e interagiscono tra loro in modo strategicamente efficace.

A questo proposito vorrei citare un esempio di un artista che sta ottenendo un grandissimo successo anche grazie, oltre a un talento smisurato, a un'attenta strategia social.

Il personaggio in questione è Puddle Pity Party, un clown: il suo successo scaturisce dalla collaborazione con un altro artista, Scott Bradlee e il suo Postmodern Jukebox. Insieme hanno pubblicato su YouTube una serie di video in cui hanno reinterpretato i successi musicali pop del momento in chiavi musicali completamente diverse (e spesso molto più raffinate) raccogliendo qualche decina di milioni di visualizzazioni.

Puddle è un mago del misplacement e dello spiazzamento: associa un aspetto triste a canzoni travolgenti, una voce magnifica al mutismo più assoluto (nei suoi spettacoli non parla mai e non ha mai rilasciato una intervista) e si esibisce nei posti più strani. E, ancor più importante, sfrutta questa sua iconicità in maniera perfetta su Instagram, Twitter e Facebook: sbuca nei contesti più impensabili e si fa fotografare mentre abbraccia i suoi spettatori (la Puddle's Cuddle, la coccola di Puddle, è un must a ogni suo spettacolo e centinaia di persone si fanno fotografare in sua compagnia).

Ancora una volta, noto come l'artista cerchi il contatto con il suo pubblico, prima fisico e poi digitale, emi sembra una strategia interessante. Mentre ci penso ascolto questa canzone. Se volete sentire una golden voice, fatelo anche voi.

https://www.youtube.com/watch?v=VBmCJEehYtU

(notate la mia evidente soddisfazione :))

Webografia: http://www.edinburghfestivalcity.com/the-city

http://www.conventionedinburgh.com/why-edinburgh/facts-and-figures/creative-capital/

Commenti

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Jessica Vaghi
Pubblicato il 07.10.2015

Bellissimo davvero vedere come tutto quello che abbiamo studiato venga applicato in modo originale e intelligente al mondo dello spettacolo. Qui in Italia avremmo davvero da imparare da questo approccio. Potrebbe essere uno stimolo in più per favorire l'avvicinamento tra la cultura teatrale e il pubblico. Grazie dello share, Giacomo. Mi hai fatto venire voglia di un salto a Edimburgo :)

Giulia Satta
Pubblicato il 07.10.2015

Non conoscevo questo Festival e devo dire che adesso mi è venuta voglia di parteciparvi per studiare queste tecniche di "seduzione" dei futuri spettatori! Bello bello!