Brand strategy e comunicazione, questione di feeling

La coerenza prima di tutto. Un'impresa saprà risultare tanto più credibile sul mercato, quanto i suoi messaggi saranno in linea con la propria identità e con gli obiettivi strategici che si è posta.

La coerenza prima di tutto. Un'impresa saprà risultare tanto più credibile sul mercato, quanto i suoi messaggi saranno in linea con la propria identità e con gli obiettivi strategici che si è posta.

"Chi sono i miei clienti? Quali bisogni devo far loro percepire? Sono in grado di mettere in atto una value proposition che li soddisfi?": sono questi i quesiti che, secondo il Prof. Massimiliano Bruni, docente di Strategia e politica aziendale all'Università IULM, le imprese devono porsi e devono risolvere, prima di approcciarsi ai potenziali acquirenti con una campagna di comunicazione.

Gli esempi positivi non mancano. Uno particolarmente lampante in questo senso è la campagna di Shangri-La, catena asiatica di Hotel e Resorts di lusso.



La resa estetica ed emozionale di questo tipo di comunicazione è solo il punto terminale di un'idea concettuale molto forte, che dimostra come l'azienda in questione conosca perfettamente quali possano essere le attese del suo tipo di clientela, e sappia tradurle anche in chiave metaforica.

Uomini d'affari o visitatori occidentali che, dopo un viaggio stancante in una "terra straniera" come l'oriente, hanno bisogno di essere "abbracciati", più che accolti, da qualcuno che lo sappia fare per sua "natura", e non solo per mission aziendale.

Ma di esempi di coerenza identità-messaggio ve ne sono anche in Italia.



Questa campagna, nella fattispecie, è anche la dimostrazione di come il digitale e i social media possano venire incontro alle aziende. Infatti Pan di Stelle – brand di Mulino Bianco – grazie a una pagina creata su Facebook dai fan dei suoi biscotti, ha potuto individuare uno specifico target, quello di giovani donne in carriera, nostalgiche dei suoi prodotti, e così ideare un nuovo snack, poco calorico, che fungesse da evasione quotidiana.

Non quindi solamente una comunicazione mirata, ma una vera e propria strategia per aprire nuovi margini all'impresa, a seconda di come questa viene percepita sul proprio mercato di riferimento.

Non è un caso che, per l'occasione, il brand abbia messo in campo l'idea di un coinvolgimento anche digitale dei propri clienti.

Eppure, nonostante questi esempi esistano, va registrato in alcune aziende del nostro Paese un certo ritardo della capacità di mettere in atto una comunicazione coraggiosa, innovativa e coerente.

Un ritardo che coinvolge anche delle realtà che tendiamo a considerare di successo, magari perché hanno saputo conquistarsi una fetta importante del loro mercato di riferimento, grazie a una gestione riuscita di tutte le altre leve del marketing.

All'incompleta focalizzazione dei propri obiettivi si aggiunge anche il problema – anch'esso spiccatamente italiano – di una commistione e un'interrelazione troppo stretta tra il management aziendale e il comparto creativo, che finiscono per condividere le stesse idee, assecondandosi a vicenda.

Un corto-circuito che impedisce alle imprese di svecchiarsi, allontanandosi da logiche valide in passato, per adattarsi a uno scenario nuovo, in cui il consumatore è più attento, più attaccato alla realtà e per questo meno disposto a recepire messaggi inappropriati.

È per questo che, come detto in apertura, la vera sfida non è quella di strutturare un messaggio accattivante, quanto sapere, con quel messaggio, cosa vogliamo davvero dire e a chi.

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