UNA BUONA COMUNICAZIONE IN FAMIGLIA: COSA SI DEVE E NON SI DEVE FARE

Comunicazione genitori e figli: lo specchio della comunicazione tra genitori di Gabriella Rea

Quando si pensa alla comunicazione all’interno della famiglia, molto spesso l’attenzione si sposta automaticamente verso il rapporto che intercorre tra genitori e figli, sul modo in cui comunicano tra loro e su quanto sia importante che i genitori comprendano e ascoltano i bisogni dei figli, oltre che i propri, per avviare una comunicazione sana e costruttiva con loro. Tutto assolutamente vero, ma c’è altro. Il valore della comunicazione nella relazione educativa non dovrebbe prescindere dalla riflessione sul valore della comunicazione tra genitori. Prima ancora che una famiglia si allarghi con l’arrivo di un figlio, esiste una coppia e la loro intenzione di avere un figlio. Ogni membro di una coppia porta con sé all’interno della relazione tutto ciò che è, porta con sé tutto ciò che vorrebbe essere e che non vorrebbe assolutamente essere nel diventare genitore. Nel momento stesso in cui ci si immagina genitori, si attivano una serie di emozioni e ricordi legati alla relazione con i propri genitori, al proprio modo di essere figlio e alla fantasia di come sarà il proprio figlio una volta arrivato. Tutto questo alimenta un mix di desideri, propositi, gioie e paure che entreranno inevitabilmente nella relazione con il bambino che arriverà e che entrano a gamba tesa nella relazione tra i genitori prima ancora che il bimbo ci sia davvero.

Che ruolo diamo a tutti questi vissuti quando scegliamo di diventare genitori? 

Siamo disposti a parlarne con il nostro partner, a confrontarci davvero sull’idea che abbiamo dell’essere una famiglia?

Spesso capita che tante cose vengano date per scontate per poi scoprire di essere in disaccordo su questioni educative importanti solo al momento di dover prendere una decisione importante per la crescita di un figlio. Dare per scontato è un errore pericoloso quando si costruisce una famiglia.

 Dare per scontato che l’altro sappia che io voglio educare mio figlio in un certo modo.

 Dare per scontato che l’altro sia d’accordo con me. 

Dare per scontato che ci saranno certe regole.

Dare per scontato che l’altro sappia cosa io penso. 

Dare per scontato che l’altro sappia cosa io non voglio. 

Dare per scontato che l’altro sappia che io lo amo. 

Sapete qual è una delle regole di base della comunicazione? È che nulla può essere dato per scontato. Parlare in modo chiaro ed esplicito, spiegare le proprie motivazioni, i propri bisogni, le proprie emozioni. Assicurarsi di riuscire a spiegare le proprie intenzioni, non evitare di esporsi con le proprie argomentazioni anche quando l’altro è su una posizione diversa dalla nostra. Parlarsi. Ascoltarsi. Comprendersi. Senza questo, viene a mancare la base solida su cui costruire la relazione educativa e la comunicazione con i figli risentirà profondamente delle difficoltà già presenti nella relazione tra i genitori. 

Quando da genitori (prima ancora da coppia) siamo abituati a non comunicare chiaramente e ad evitare di affrontare argomenti difficili, faremo fatica a trovare il modo migliore per comunicare con i nostri figli trasferendo loro il messaggio implicito che "di alcune cose è meglio non parlare", che bisogna tenersi per sè ciò che proviamo perchè l'altro non capirebbe. Non solo, finiamo per evitare di mettere in campo le emozioni con i nostri figli togliendoci l'opportunità di conoscerli davvero e di farci conoscere da loro. Creiamo, di fatto, un muro tra noi e loro. Siamo abituati a pensare che i genitori debbano mostrarsi sempre forti dinanzi ai figli, che non debbano mostrare le loro fragilità. Questa strada non fa che insegnare che provare emozioni non va bene, che avere delle fragilità è sbagliato, che bisogna essere forti ad ogni costo. 

Non sarebbe meglio essere noi stessi, con tutte le nostre emozioni e difficoltà, insegnando loro che si può esprimere ciò che si è senza temere il giudizio degli altri? 

Solo così potranno crescere imparando che la loro forza c'è anche quando si sentono fragili, che le loro emozioni sono degli alleati, che vanno bene così come sono. Tutto questo è trasferito ai  nostri figli attraverso i nostri comportamenti, oltre ciò che scegliamo di dire. Non si può non comunicare, ecco un'altra delle regole di base della comunicazione. Il fatto stesso di essere in relazione comporta comunicazione. Ma come, potreste obiettare, si può anche stare insieme nella stessa stanza senza parlare. Vero, ma chi ha detto che parlare sia l’unico modo per comunicare?

Il silenzio è estremamente comunicativo, così come i gesti, i movimenti, il tono e il volume della voce, gli sguardi, lo spazio occupato con il corpo, la postura. Tutto comunica. Le stesse parole espresse con una semplice differenza nel tono della voce possono assumere significati diametralmente opposti. Consapevoli di questi aspetti, pensiamo a quanto sia difficile comunicare "bene" ed in modo efficace attraverso gli strumenti che la tecnologia ci mette oggi a disposizione: chat, whatsapp, social media. Strumenti tramite i quali è possibile inviare messaggi ma che eliminano di fatto l'elemento della presenza e, con essa, eliminano la possibilità di aggiungere significato attraverso la dimensione del paraverbale. Questo è solo un piccolo aspetto legato alla comunicazione digitale, molti altri sarebbero gli elementi da approfondire, ma proviamo a spostare la riflessione all’interno della famiglia, concentriamoci in particolare sulla relazione educativa e su come i dispositivi elettronici e il mondo virtuale siano ormai parte integrante della quotidianità.

E quando la tecnologia entra nelle relazioni in famiglia?

Molti sono i dibattiti su quando, quanto e come la tecnologia debba far parte della vita in famiglia e della crescita di un bambino, molti gli studi fatti in merito. Una certezza indiscutibile è, però, che la tecnologia faccia inevitabilmente parte della vita di ognuno di noi: i dispositivi elettronici sono presenti in ogni famiglia, i bambini sono estremamente attratti da ognuno di essi e spesso le difficoltà di una quotidianità "troppo" stressante porta i genitori a sottovalutare i rischi del lasciare i bambini entrare in relazione da soli con tutti gli strumenti tecnologici che caratterizzano le nostre giornate.  Le ricerche dimostrano che nei primi anni di vita l'utilizzo di schermi e di dispositivi elettronici possa compromettere il buon sviluppo cerebrale, per cui sarebbe bene evitare del tutto che bambini piccoli facciano uso di smartphone, tablet e simili. Il rischio, però, non si esaurisce con i primi anni di vita di un bambino. Lo sviluppo cerebrale prosegue con alta risposta alle stimolazioni esterne per tutta l'infanzia e l'adolescenza, plasmandosi in base a ciò con cui entra in contatto. Una sovraesposizione ai dispositivi elettronici può comportare un ridotto sviluppo di funzioni cognitive quali attenzione, concentrazione, memoria, un rallentato e limitato sviluppo motorio, un aumento di disturbi del sonno e del comportamento, difficoltà relazionali ed emotive. Quest'ultimo aspetto si collega prima di tutto all'utilizzo degli smartphone (e di altri dispositivi) come strumento per "calmare" o "distrarre" un bambino. Avete mai riflettuto sul motivo per il quale un cellulare riesca a fermare il pianto di un bambino o sul perchè fissare il suo schermo riesca ad attirare del tutto la sua attenzione? Utilizzare il cellulare come palliativo comporta che il bambino progressivamente apprenda a fermare le sue emozioni, fino ad anestetizzarle del tutto, impedendogli di sviluppare una naturale autoregolazione emotiva, fondamentale nella gestione delle relazioni con il mondo. Fornire smartphone per fermare il pianto, ad esempio, è un modo per impedire al bambino di esplorare l'emozione che è alla base di quel pianto e di trovare una strategia per affrontare, gestire e superare il disagio connesso a quel suo stato d'animo. Ansia, tendenze depressive, disturbi alimentari, disturbi del sonno, dipendenze, deficit cognitivi, aggressività, sono tutte problematiche maggiormente presenti in bambini e adolescenti che abusano dei dispositivi elettronici. Certo, non possiamo pensare di eliminare del tutto dalla vita di bambini e adolescenti la tecnologia. Sarebbe sbagliato e li allontanerebbe da ciò che il mondo è oggi. Cosa possiamo fare allora da genitori? Possiamo affiancarli, educarli al mondo digitale, dare regole da rispettare per il loro utilizzo: in una parola, comunicare con i nostri figli, allenarli ad un "utilizzo sano" e ridotto di smartphone, tablet, videogiochi proponendo anche attività alternative che possano stimolare il loro sviluppo a 360°. Una buona comunicazione in famiglia passa necessariamente attraverso l'esserci per i nostri figli: scegliere ogni giorno di comunicare con loro, sforzarsi di comprenderli e di non crollare sotto le pressioni esterne, trovare il proprio modo per non cadere in quella insostenibilità educativa che finirebbe per caratterizzare le relazioni familiari con distacco, lontananza e assenza di emozioni.


Dott.ssa Gabriella Rea

psicologa, psicoterapeuta 

 

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