GENITORI E BULLISMO: COME RICONOSCERE IL FENOMENO?

Emozioni e i disagi che emergono nella vita da persone coinvolte in fenomeni di bullismo di Gabriella Rea

Ansia, bassa autostima, visione di sé negativa, insicurezza, stati di tensione e paura, sintomi psicosomatici, depressione, basso rendimento scolastico, disturbi della condotta, agorafobia, fobia scolastica: questi sono solo alcuni dei possibili risvolti psicologici che possono emergere nella vita di persone coinvolte in fenomeni di bullismo. Si tratta di vissuti di profondo disagio che possono accompagnare a breve o a lungo termine i protagonisti di situazioni complesse e invasive come quelle di bullismo e cyber-bullismo, vissuti che possono nascere non solo nella vittima ma anche nelle altre figure coinvolte (bullo, bullo gregario, vittima, bullo-vittima, testimoni, famiglie). Vissuti di sofferenza più o meno grave che dovremmo fare di tutto per evitare, intervenendo nelle scuole e promuovendo l’inclusione, l’accoglienza delle diverse unicità ed essendo adulti disposti al dialogo sulle emozioni, su ciò che spaventa prima di tutto noi, su ciò che ci fa arrabbiare, su quello che viviamo come ingiustizia, sul valore della collaborazione piuttosto che della competizione.

Tutto questo vi sembra lontano dal bullismo? Apparentemente lo è, ma nei fatti l’unica strada possibile per diminuire il fenomeno è ampliare quell’educazione emotiva ancora troppo carente, se non del tutto assente, che può guidare i bambini a crescere con un senso di sé positivo, con una buona autostima, con un’adeguata capacità di affrontare situazioni difficili, con una bassa tendenza alla violenza ed una maggiore tolleranza verso ciò che è diverso da sé e con quella curiosità sana che conduce all’interesso verso chi è diverso piuttosto che alla sua esclusione e derisione.

Bullismo e cyber-bullismo sono fenomeni così complessi, dilaganti e diffusi che questo piccolo articolo non pretende di essere esaustivo rispetto all’argomento. La letteratura si esprime di continuo al riguardo, con approfondite ricerche che portano alla luce nuovi elementi, nuove riflessioni, nuovi dati. Dati secondo cui negli ultimi anni, caratterizzati dalla pandemia, entrambi i fenomeni sono aumentati in modo preoccupante, così come il livello di sofferenza psicologica in età adolescenziale e pre-adolescenziale.  Sarebbero troppi gli aspetti da approfondire per cui ho scelto di concentrare la riflessione su di un aspetto fondamentale e talvolta dimenticato, partendo dalla definizione stessa di bullismo: per bullismo si intende riferirsi ad una serie di comportamenti intenzionali, aggressivi e violenti ripetuti nel tempo, per cui un singolo episodio negativo vissuto a scuola o in generale nel gruppo di pari non può e non deve essere etichettato come bullismo. Definire una persona bullo/vittima di bullismo quando non si tratta effettivamente di tale fenomeno, facendo quindi un’interpretazione errata dei fatti porta a conseguenze peggiori di quelle che naturalmente avverrebbero se si lasciassero i ragazzi liberi di gestire quella singola situazione.

Mi capita, a volte, di parlare con genitori preoccupati e spaventati dal fatto che il proprio figlio sia stato vittima di bullismo per aver vissuto un singolo episodio spiacevole, talvolta anche grave ma non ripetuto nel tempo. Episodi del genere possono accadere nel gruppo e possono giungere ad una risoluzione spontanea laddove si lascino le persone coinvolte libere di gestire la situazione, che potrebbe divenire anche momenti di crescita e di sviluppo della personalità. Vivere un singolo episodio negativo, doloroso e fonte di rabbia o tristezza non ha le stesse conseguenze psicologiche dell’essere coinvolti in atti di bullismo. Questo perché un singolo episodio può essere più facilmente elaborato ed affrontato facendo ricorso alle proprie risorse interne e alla propria rete di supporto, familiare e amicale. Entrare, invece, nel circolo del bullismo comporta rischi psicopatologici come quelli elencati in apertura e richiede interventi diversi sia sul singolo che sul gruppo.

Essere genitori non è semplice, bisogna imparare qualcosa di nuovo ogni giorno e la paura che il proprio figlio possa ritrovarsi a vivere situazioni “pericolose” è sempre presente e questo può portare ad ingigantire un evento, a male interpretarlo  e a sottovalutare, invece, i  segnali che potrebbero indicare proprio la presenza di bullismo. Quali sono i segnali da cogliere e a cui fare attenzione? Eccone alcuni che potrebbero indicare la presenza di un disagio nella vita di un bambino o di un adolescente,  non necessariamente riconducibili a fenomeni di bullismo ma di certo da prendere in considerazione ed approfondire:

  • frequenti richieste di non andare a scuola o di entrare/uscire in orari diversi da quelli previsti
  • alterazioni del sonno, con difficoltà ad addormentarsi
  • comportamenti diversi dal solito
  • modifiche nell’alimentazione, con riduzione dell’appetito e/o con abbuffate
  • continue telefonate e tentativo di nasconderle
  • mettere via smartphone o pc all’arrivo dei genitori
  • rifiuto di uscire con gli amici e progressivo ritiro sociale
  • sintomi psicosomatici (es. mal di pancia, mal di testa, mal di stomaco non giustificati da altri problemi di salute)
  • discorsi che evidenziano scarsa autostima o percezione negativa di sé
  • stati di ansia, nervosismo e preoccupazione non riconducili ad eventi conosciuti

Questi sono solo alcuni dei possibili segnali da cogliere e accanto a questo è da ricordare sempre che il modo migliore per proteggere i nostri figli è renderli autonomi e insegnare loro il dialogo fin da quando sono piccoli, far sentire che i genitori non sono lì per giudicarli e/o punirli ma per essere al loro fianco anche (e soprattutto) quando sono arrabbiati, spaventati e non sanno come comportarsi.

 

 Gabriella Rea,

psicologa, psicoterapeuta


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