Icona e luce

Icona e luce

L’icona esprime una teologia della luce. Lo stesso procedimento pittorico parte dai colori più scuri e gradualmente si schiarisce fino a raggiungere il bianco puro. Si tratta di un processo di illuminazione che simboleggia il passaggio “dalle tenebre alla luce”. I soggetti non vengono dipinti in modo naturalistico ma stilizzato, in una luce che rappresenta quella taborica della Trasfigurazione. I corpi, a somiglianza del corpo di Cristo dopo la resurrezione, sono quelli che avevano nella loro esistenza terrena ma sono al contempo differenti, poiché spirituali, gloriosi, come i beati del Paradiso che esistono nella dimensione della gloria divina. I santi perciò appaiono trasfigurati, immersi nella luce divina. Da qui viene l’uso simbolico dell’oro soprattutto per gli sfondi. L’oro non è un colore, ma il suo spettro cromatico li contiene tutti e li riflette, così come la luce di Dio che pur essendo totalmente altra dall’uomo e dal creato, li contiene e ne riflette le più piccole sfumature. I santi partecipano della luce divina secondo la propria capacità, non riflettono tutto lo spettro cromatico, bensì solo il proprio, le sfumature e i colori tipici della loro santità. Nell’icona non si raffigura solo l’aspetto estetico dell’uomo, la sua apparenza esteriore, ma anche la sua realtà interiore che emerge attraverso la luce, l’illuminazione progressiva delle carni, la trasfigurazione del corpo. L’icona perciò è profezia di ciò che saremo, ci mostra le cose ultime, la dimensione escatologica verso cui siamo orientati. Ci fa guardare lontano, oltre noi stessi e la nostra realtà terrena, per ricordarci che la nostra patria è nel cielo, che la vita terrena è un veloce passaggio, ma che Dio è il nostro fine ultimo e la meta del cammino. L’icona è speranza della salvezza, ci fa presente e mostra come il nostro corpo non sia destinato a restare nella polvere ma a risorgere alla fine dei tempi, ci dice che i nostri occhi vedranno il Signore e che “nella sua luce vedremo la luce”. Questo sarà possibile poiché «Noi tutti, a viso scoperto riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine (icona), di gloria in gloria secondo lo Spirito del Signore» (2Cor 3,18). L’icona rivela questa luce escatologica, ne offre una chiara testimonianza. Ed è indicativo il fatto che nell’icona non esiste una fonte di luce esterna o naturale, ma la luce scaturisce dall’interiorità del soggetto dipinto, è espressione della sua dimensione spirituale, della vita divina di cui partecipa, della luce soprannaturale che lo illumina. E poiché descrive la luce del Paradiso e non quella della terra, nell’icona non ci sono ombre, infatti «Dio è luce e in lui non ci sono tenebre» (1Gv 1,5). Per lo stesso motivo l’aureola che circonda le teste dei santi, e che si chiama “nimbo”, nelle icone non serve ad indicare la loro santità, ma è l’irradiamento della luminosità dei loro corpi, il traboccare della luce che dall’interiorità si riversa all’esterno. In modo particolare lo Spirito Santo, che secondo le parole di san Simeone il Nuovo Teologo «trasforma in luce coloro che illumina», passa attraverso lo sguardo. Le icone, i cui soggetti hanno sempre la bocca chiusa in segno di silenzio, rispetto e adorazione, parlano con gli occhi. In essi, i tratti vivi, ossia i colpi di luce pura che l’iconografo traccia intorno all’iride, come momento finale della sua preghiera e della sua opera, rendono “viva” l’immagine, esprimono non più una vita destinata alla morte, ma una vita che ormai abbraccia l’eternità, la gioia e la pace di chi ha raggiunto la sua ultima tappa e sperimenta la comunione indissolubile con Dio, nella contemplazione senza fine della sua Bellezza. L’icona ci esorta a vivere da risorti in attesa del Risorto: «Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio» (Col 3,1).

Michele A. Ziccheddu “Icona. Introduzione alla teologia e all’arte dell’icona.”YCP, Lecce 2018.

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