Regole si, ma come?

Quando dire “no” non basta: perché i bambini non ascoltano e cosa fare davvero per farsi seguire

Imporre regole ai bambini è un aspetto fondamentale dell’educazione, ma chi si occupa quotidianamente di crescere un figlio sa bene che il solo dire “no” spesso non basta.

Un bambino piccolo non ha ancora la maturità per comprendere che un divieto può essere una forma di cura. Se un adulto dice “Non si tocca!”, il bambino può viverlo come un’interruzione del gioco, un abuso di potere, o peggio ancora come qualcosa di personale: “La mamma non vuole che io mi diverta”. E questo genera frustrazione, pianto, rifiuto o comportamenti ancora più provocatori.

Quando il “no” è una chiusura

Prendiamo il caso di Marta, una bimba di 3 anni che afferra ogni volta il telecomando. Il padre le dice: “No, basta, te l’ho detto mille volte!”. Lei lo guarda, aspetta che lui si distragga… e lo fa di nuovo. Qui non siamo davanti a una “sfida”, ma a un tentativo di esplorazione non guidato.

Il “no” è necessario, ma se non è accompagnato da una spiegazione comprensibile, Marta non apprende nulla, se non che il papà si arrabbia improvvisamente. Un modo diverso potrebbe essere:
“Vedo che il telecomando ti incuriosisce. Ma non è un gioco, si può rompere. Vuoi che troviamo qualcosa con i bottoni che puoi usare tu?”

In questo modo, il divieto non è solo una barriera, ma una porta educativa: spiega il motivo, tutela la relazione e apre a un’alternativa.

Spiegare non significa negoziare tutto

Spiegare non significa cedere. Non vuol dire sedersi a tavolino ogni volta per trattare ogni regola come fosse un contratto tra pari. I bambini hanno bisogno di sapere che l’adulto guida, non che discute ogni decisione. Ma spiegare perchéuna regola esiste, aiuta a sviluppare senso critico e fiducia. Non si educa con l’obbedienza cieca, ma con la consapevolezza.

Caso 1: l’orario per andare a dormire.
Luca, 7 anni, ogni sera protesta quando arriva il momento di andare a letto. I genitori lo minacciano (“Se non vai a dormire adesso, niente cartoni domani!”), ma il risultato è una scenata serale sempre uguale. In questo caso, la regola c’è, ma è vissuta come una punizione, non come un punto di riferimento.
Un cambio di approccio potrebbe essere:

“Lo so che vorresti continuare a giocare. Per questo ti avviso sempre dieci minuti prima. Poi, si spegne e si va a dormire. Il corpo ha bisogno di riposarsi per funzionare bene domani.”

Non serve una lunga spiegazione ogni sera, ma una cornice chiara e ripetibile che aiuti il bambino a orientarsi nel tempo e a prevedere cosa accadrà.

Caso 2: la sicurezza al parco.
Emma, 5 anni, corre sullo scivolo troppo in fretta e ignora la fila degli altri bambini. Il papà le grida: “Ti ho detto di aspettare! Sei maleducata!”. Lei si blocca, si offende, scende arrabbiata.
In alternativa, un genitore può intervenire così:

“Tutti vogliono divertirsi, anche gli altri bambini. Aspettare il proprio turno è una regola che serve a far giocare tutti senza litigare. Se scendi senza aspettare, qualcuno può farsi male o arrabbiarsi con te.”

In questo modo la regola diventa uno strumento di relazione, non un’imposizione punitiva.

Caso 3: l’uso della tecnologia.
Andrea, 9 anni, chiede di giocare alla console dopo cena. La madre gli dice: “Hai già giocato troppo oggi, basta!”. Ma lui si infuria e inizia una discussione.
Spiegare non significa dire sì, ma può voler dire chiarire i criteri della decisione:

“Hai già usato i videogiochi per un’ora oggi. La nostra regola è massimo un’ora al giorno. Domani potrai giocare ancora. Ora è il momento di riposare.”

E se protesta comunque? Non serve urlare. Serve tenere il punto. Coerentemente, ogni giorno. Perché la regola non funziona la prima volta: funziona nel tempo, se viene mantenuta con calma e fermezza.

Le regole servono se costruiscono fiducia

Le regole non sono recinti, sono confini di sicurezza affettiva. Quando vengono spiegate e rispettate anche dagli adulti, il bambino sente che può fidarsi.

Un esempio classico: se diciamo “A tavola non si usano i cellulari” ma poi noi adulti siamo i primi a controllare le email tra un boccone e l’altro, il bambino percepirà la regola come arbitraria, e quindi non autorevole. E a lungo andare, neanche noi lo saremo.

Essere coerenti non significa essere rigidi, ma dare significato alle nostre scelte educative.

In sintesi:

  • Il “no” è educativo solo se è comprensibile.

  • Spiegare il perché di una regola aiuta a costruire senso.

  • La coerenza dell’adulto vale più di mille parole.

  • Le regole vanno adattate al momento, non cancellate al primo ostacolo.

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