Lean Startup in Brasile

Il racconto dell'esperienza in Brasile all'evento Desafio Unicamp

L'idea iniziale

L'8 aprile 2017 si è svolto in Campinas l'evento Desafio Unicamp, uno dei momenti di stimolo all'innovazione più importanti dell'anno che organizza l'Unicamp di Campinas per il suo dinamico e consistente ecosistema dell'innovazione. Grazie all'invito ricevuto da Inova Unicamp – l'agenzia di trasferimento tecnologico dell'Università, guidata dal Prof. Milton Mori con il suo staff di altissimo livello nella gestione delle problematiche dell'innovazione – ho potuto partecipare a questo incredibile evento come relatore, con la missione di introdurre e approfondire il tema dell'approccio "Lean Startup". Dopo averne discusso con il Management di Inova abbiamo stabilito che sarebbe stato opportuno e stimolante provare a presentare l'approccio Lean con un focus particolare sul "Go-to Market", dal momento che storicamente è stato osservato proprio come fortemente critico, per le startup che scelgono di adottare una delle le tante avanzatissime tecnologie che Unicamp sviluppa, riuscire a trovare il mercato giusto, favorendo uno sviluppo sostenibile e scalabile delle startup stesse. L'origine di questa criticità deriva soprattutto dal fatto che le tecnologie che sviluppa Unicamp presentano una notevole componente ingegneristica che ne supporta l'alta complessità scientifica. Questo implica che ogni innovazione derivante da queste tecnologie richiede dei processi di implementazione e di test molto avanzati e anche molto costosi. Stiamo parlando di tecnologie che spaziano nella biotecnologia, nella chimica industriale, nella genetica, nella farmaceutica e in generale nelle più svariate "life science". È quindi facile da comprendere come mai l'ingresso sul mercato sia una delle principali incognite e criticità per le startup che ruotano attorno ad Unicamp, l'università con la più alta intensità di innovazione del Paese.

Partendo da queste considerazioni ho deciso, in accordo con il MGMT di Inova, di sviluppare e presentare per l'occasione una versione del più noto e generale "Lean Canvas" di Ash Maurya, più focalizzato sul Go-to Market e le scelte che tipicamente accompagnano le startup nelle fasi di "Customer Discovery" e "Validation".

Validazione e sviluppo

Fortunatamente ho potuto raggiungere Campinas 3 giorni prima del fatidico evento, in modo da spendere qualche giornata di mentoring con lo Staff di Inova e soprattutto con alcune startup da loro incubate, fra le quali alcune erano particolarmente interessate a conoscere la metodologia Lean che sto contribuendo a sviluppare con il progetto SOLA. Devo dire che arrivare qualche giorno prima è stata davvero una magnifica idea. Prima di tutto per l'accoglienza; poche volte capita di ricevere un'accoglienza tanto densa di empatia e voglia di esplorare, adottare nuovi concetti, nuove prassi e nuovi approcci culturali. Credo che la grande competenza di Unicamp nell'innovazione derivi proprio da questa base culturale che hanno avuto l'abilità di costruire e valorizzare nel tempo, per la quale non esistono pregiudizi ma solo valutazioni oggettive; hanno una continua e naturale tensione alla scoperta di nuovi talenti e sanno come riconoscerli, accoglierli e farmi crescere.

Ogni startup che ho incontrato presenta degli elementi di innovazione inaspettati e le persone che le portano avanti hanno una preparazione ed una passione da vero e proprio encomio. Sono stati 3 giorni intensi di pieno lavoro (10 H al giorno anche) ma la fatica non l'ho neppure avvertita, tanto ero preso a dare i migliori consigli che potevo, a trasmettere il meglio delle mie conoscenze per facilitare e accelerare i team di giovani e incredibili talenti nelle loro sfide imprenditoriali.

In piena aderenza e coerenza con i principi del Lean Thinking, questi giorni sono stati fondamentali anche per raccogliere sul campo dati fondamentali per perfezionare il modello di "Lean Go-to Market Canvas" che avrei presentato per la pima volta in assoluto durante l'evento e workshop del sabato seguente. Naturalmente, come è facile supporre, ho completato la mia presentazione solo la sera prima dell'evento, proprio per sfruttare al massimo tutte le "validazioni del mio prodotto" raccolte sul campo. Mi sarebbe certamente piaciuto avere più tempo e più osservazioni a disposizione anche se una nuova idea ormai si era fatta facilmente spazio nella mia mente e sapevo che mi avrebbe guidato.


From Lean Startup to Learn Startup

Sino ad oggi il cosiddetto approccio "Lean Startup", così come descritto abilmente prima da Steve Blank e poi da Eric Ries, è stato principalmente reso famoso grazie alle case histories di successo di startup orientate alla cosiddetta new economy, che hanno esteso e innovato in modo anche radicale l'utilizzo dei New Media e del Web in particolare negli ultimi 15 anni. Google, Facebook, Uber, Salesforce ed altri sono esempi che tutti conosciamo e che possono essere facilmente riconducibili a quello che oggi chiamiamo Lean Startup Approach. Non a caso, i casi di successo alle spalle dei nostri citati autori sono praticamente sempre startup correlate in modo più o meno diretto all'ICT. La ragione è facilmente intuibile; l'ICT con l'avvento dei new media offre facilmente molte opportunità di fare "Customer Discovery", cioè di validare ipotesi e testare "Minimum Viable Product" con cui iterare miglioramenti continui, rispetto ad altre industry nelle quali le interazioni con i clienti per lo sviluppo di un prodotto sono più difficili e costose. Tuttavia i principi alla base di queste metodologie arrivano da molto lontano, da molto tempo prima che vi fosse il loro richiamo ed utilizzo in ambito startup. A ben vedere lo sviluppo e la "gestione della conoscenza" (Knowledge Managament), il "miglioramento continuo" (Kaizen), l'eliminazione sistematica degli sprechi (in senso lato, anche di opportunità) e la conseguente spinta sistematica all'innovazione (vista come una conseguenza di precise scelte e non di semplice intuito o talento) sono principi a noi ben noti grazie agli insegnamenti che ci hanno dato le aziende giapponesi che hanno iniziato a prosperare negli '60 e, negli anni 80' e 90', a conquistare rapidamente interi mercati globali. Toyota, Canon, Mitsubishy, Komatsu sono alcuni esempi celebri di quello che in seguito abbiamo imparato a chiamare Lean Thinking che ha gettato le basi culturali su cui molti anni più tardi sarebbe stata coniata la definizione di Lean Startup. I principi di base sono gli stessi, sebbene il loro utilizzo può effettivamente prevedere scelte e strategie differenti, se si passa da un contesto tipicamente manageriale da grande azienda multinazionale – in cui l'incertezza è accompagnata da un quadro informativo notevole, con il quale è possibile disegnare strategie "corporate" e "business" – ad un contesto genuinamente imprenditoriale, in cui si cerca di costruire ex-novo un'impresa basandola su "innovazioni" spesso radicali – caratterizzato da un incertezza assoluta e dalla mancanza totale di informazioni utili per alimentare una strategia. Il merito di Blank e Ries è di aver capito e dimostrato che una startup non è la piccola versione di una grande azienda multinazionale né può operare secondo i canoni e i modelli manageriali che sono proprie di quelle realtà. Il loro merito è di aver dimostrato quali sono le caratteristiche più importanti di una startup fortemente orientata all'innovazione, mettendo in evidenza la necessità di seguire in modo efficace un percorso di "ricerca", arrivando anche a sovvertire le classiche indicazioni del Management Strategico. Sulla base di questa "coraggiosa" e per alcuni aspetti "eretica" posizione culturale rispetto al pensiero manageriale ortodosso si basano gli strumenti del Lean Startup Approach. I principi logici e metodologici che ne stanno alla base sono esattamente quelli del Lean Thinking; in particolare questo vale per il concetto di "Kaizen" che esprime un approccio teso all'apprendimento e al miglioramento continuo a piccoli passi, che in un contesto di totale incertezza fa pesantemente sentire la differenza ed è sostanzialmente alla base del Lean Startup Approach. In questo tipo di contesti il Lean Thinking ha ancora moltissimo da dare, soprattutto nei mercati in cui, come per le tecnologie di Unicamp, validare un'ipotesi di prodotto è più difficile e richiede "time frame" più lunghi e costosi. Quello che davvero conta in qualunque mercato, nel momento in cui si sta lanciando una startup basata sull'innovazione, è imparare il più efficacemente possibile e più è difficile testare prodotti più è fondamentale gestire l'apprendimento. Proprio per enfatizzare questo aspetto vorrei iniziare ad introdurre il termine Learn Startup per descrivere in modo più generale le metodologie di accelerazione delle startup ad alto contenuto innovativo, indipendentemente dal loro settore di appartenenza.

Il modello di "Lean Go-to Market"

Sulla base dei confronti avuti con il Management di Inova, ho deciso quindi di presentare un modello di canvas con una forte enfasi sulle problematiche del Go-to Market, conservando allo stesso tempo un forte focus sul principio dell'apprendimento continuo:

Con questo Canvas è possibile descrivere e sintetizzare i "FIT" di coerenza ed efficacia fra le diverse variabili funzionali ad un go-to market di successo:

In termini più intuitivi possiamo descrivere la relazione fra i tre FIT descritti con il seguente diagramma Venn:

In pratica, per una startup è fondamentale ottenere simultaneamente, seppur gradualmente, i seguenti tre risultati:

  • 1.Il prodotto offre una soddisfazione crescente al cliente finale; questa è la base di partenza ed è fondamentale che la soddisfazione sia crescente, cioè migliori continuamente man mano che il prodotto si testa ed affina;
  • 2.Il prodotto ha trovato un mercato sostenibile; questo implica che si stanno accendendo i motori della Customer Acquisition e della Customer Retention che assicurano volumi di vendita in crescita;
  • 3.Il prodotto genera revenue superiori ai costi, per singolo cliente gestito; questo è il presupposto per la sostenibilità economica del progetto e implica un valore positivo e crescente del Life-Time-Value dei clienti della startup.

La presenza contemporanea di tutti e tre questi risultati determina un Go-to market di successo. È importante notare anche il rischio, tipico delle startup, dell'area che abbiamo definito "Trap of right first". Questo è il caso in cui una startup riesce ad ottenere tutti e tre i risultati in un primo momento per poi iniziare a ridurre la soddisfazione del cliente perché si smette di innovare. Questa è la situazione tipica di chi si "siede sugli allori" ed è una situazione molto frequente ma anche molto pericolosa per le startup che rischiamo così di perdere in poco tempo tutti i risultati di mercato ed economici ottenuti.

Ora vediamo quali sono nel dettaglio i blocchi o le variabili che caratterizzano il nuovo "Lean Go-to Market Canvas", focalizzando l'attenzione in particolare su quelle che cambiano rispetto alle versioni più note di canvas come quelle più generali del Lean Canvas di Ash Maurya o del Business Model Canvas si Alex Osterwalder.

Problem-Solution FIT

Una startup che intende introdurre sul mercato un'innovazione non inizia mai la sua storia con un prodotto; tutto quello che possiedono i founder della startup nella loro fase "eraly stage" è una visione su una possibile soluzione per dei problemi effettivamente sentiti, con un grado di importanze elevato, da un possibile segmento di mercato. Questa visione va rapidamente validata, sia nei problemi che nella soluzione degli stessi. Una volta effettuate delle adeguate validazioni possiamo effettivamente parlare del primo vero asset da cui parte una startup e cioè la capacità di vedere e generare una "soluzione" che "risolve" degli effettivi problemi di una particolare tipologia di consumatori/utilizzatori: gli "Early Adopter".

Early Adopter & Target Customer

Nella definizione del P/S Fit riveste particolare attenzione la variabile legata agli "Early Adopter & Target Customer". Secondo un approccio basato sull'apprendimento continuo in condizione di forte incertezza – d'ora in poi Learn Startup – la scoperta di una possibile relazione fra una nuova idea di soluzione e i problemi riscontrati da un determinato segmento di mercato passa attraverso un rapporto fortemente collaborativo con una nicchia di utilizzatori o consumatori molto particolare: gli early adopters. Gli early adopters sono una tipologia di consumatori o utilizzatori che esistono in ogni mercato, specialmente in quelli ad alta competitività, la cui particolarità consiste nella loro disponibilità a collaborare con un fornitore di soluzioni, ancorché queste si presentino ancora incomplete. Quello che conta, infatti, per questa tipologia di clienti è essere i primi a sperimentare un nuovo prodotto al fine di acquisire un vantaggio competitivo, se si parla di B2B, o un vantaggio di tipo psicologico, nel caso di mercato B2C. È fondamentale, quindi, per una startup trovare e stabilire un rapporto collaborativo con questo tipo di clienti che rappresentano generalmente una minoranza dell'intero segmento obiettivo per via della loro disponibilità ad adottare in anticipo la soluzione:

Per definire in termini operativi gli early adopter possiamo utilizzare uno schema già proposto da Steve Blank che ne definisce le caratteristiche principali, a cui ho aggiunto un'ulteriore caratteristica: la loro disponibilità ad interagire, cioè la loro facile raggiungibilità per il team della startup.


Quest'ultima è fondamentale in quanto il rapporto da stabilire con gli early adopter non è affatto un rapporto platonico, come in genere si tende a stabilire con un target di mercato definito a tavolino. Gli early adopter per essere definiti tali devono essere rapidamente raggiungibili con i mezzi a nostra disposizione altrimenti non sapranno mai della nostra soluzione e non potrà iniziare quel rapporto collaborativo di cui abbiamo bisogno per iniziare a scoprire e validare la nostra idea di business.

Sarà la nostra capacità di collaborare con questi clienti e di apprendere i loro problemi che ci permetterà di scoprire l'esistenza di un mercato target sostenibile e promettente. Questo tema può essere facilmente messo in evidenza con il caso Tesla che rappresenta una delle storie di startup più importanti ed illuminanti degli ultimi 20 anni. In questo caso, infatti, la startup Tesla introdusse nel 2008 un prodotto completamente innovativo rispetto allo status-quo che sino ad allora era considerato una specie di utopia: un veicolo ad alte prestazioni completamente elettrico. Riportiamo di seguito il P/S Fit di Tesla raffigurato nel Lean Go-to Market Canvas:


La capacità dell'illuminato team di founder di Tesla di individuare rapidamente il loro target di early adopters ha permesso la rapida introduzione sul mercato di un prodotto totalmente nuovo e inedito, per il quale non era possibile prevedere gli sviluppi. Il caso di Tesla mette in evidenza un principio fondamentale dell'approccio Learn Startup: la capacità di individuare un target di early adopters con cui interagire rapidamente in fase di startup è prioritaria; la definizione del "target di mercato" della startup è una conseguenza dell'apprendimento che si può accumulare con gli early adopters.

Tesla oggi ha una quota di mercato in forte crescita nel segmento "Sports & Luxury Premium Segment" che ha acquisito grazie alla sua esperienza fatta con i suoi early adopters "Eco-hipsters":


Il principio appena delineato può considerarsi eretico rispetto ai canoni del Marketing Strategico, per il quale l'analisi di mercato è sempre "Top-down" e cioè parte dalla definizione del TAM e viene completata con l'individuazione di un target di mercato specifico e aggredibile; questo approccio è poco consistente in fase di startup, in cui l'incertezza è tale già sul concetto di P/S FIT da richiedere un percorso di apprendimento di tipo opposto – Botton-up – completamente basato sull'apprendimento che verrà generato con gli early adopter.

Proof of concept

Uno degli strumenti più utilizzati ed efficaci in fase di validazione di P/S Fit è il "proof of concept" (POC) che consiste in un test effettuato con la collaborazione di un utilizzatore finale (nel caso specifico un early adotper della tecnologia) teso a dimostrare la fattibilità di una soluzione e soprattutto i vantaggi che ne derivano. In questi casi si instaura un rapporto di forte collaborazione in cui si scambia, di fatto, tecnologia in cambio di conoscenza e referenza, mentre il costo ed il correlato rischio finanziario dell'operazione in genere viene ripartito fra startup ed adopter in funzione soprattutto degli accordi sull'utilizzo della tecnologia una volta validata. Nello specifico, se l'adopter conserva diritti esclusivi o riservati sull'utilizzo della tecnologia il costo viene interamente sostenuto da questi a cui si può aggiungere anche un mark-up (tasso di profitto) per la startup. Viceversa, se l'adopter conserva solo il diritto di utilizzare la tecnologia senza esclusiva probabilmente sarà disposto a sostenere solo una parte del costo; in questi casi l'operazione viene prevista puntando alla copertura dei costi senza l'applicazione di un mark-up. Vi possono essere anche scenari più complessi di accordo delineati nella cornice di quella che viene definita Open Innovation, cioè la strategia di gradi aziende di importare le innovazioni dall'esterno stimolando team esterni come le startup a studiare soluzioni per i suoi problemi specifici. In questo caso l'adopter offre molta più assistenza alla validazione della tecnologia, attivando i propri dipartimenti di R&D per mettere a disposizione della startup informazioni e strumenti. In questa cornice gli accordi prevedono normalmente importanti partnership equity-based crescenti in base alle validazioni ottenute: in pratica, l'azienda adopter che fa la call per richiamare startup interessate a collaborare si riserva il diritto di acquisire una quota di equity della startup in funzione dei risultati che si otterranno.

Il POC è uno strumento fondamentale per le startup che propongono soluzioni tecnologiche ad alta intensità ingegneristica e che sono difficili da validare e testare. Con questo strumento la proposta della startup diventa accattivante per possibili early adopter interessati – soprattutto nel B2B – a sperimentare innovazioni per acquisire o consolidare vantaggi competitivi. Con questa esperienza la startup opera sostanzialmente come una società di consulenza totalmente (o quasi) dedicata ad un cliente ed entra in quello che mi piace definire il "guado della scalabilità" che andrà superato nella ricerca di un effettivo Product-Market FIT.

Product-Market FIT

Una volta validato il Problem-Solution FIT ogni startup dovrebbe iniziare a pensare allo sviluppo di un prodotto in grado di raggiungere efficacemente un mercato sostenibile e, per tale via, iniziare a scalare il proprio Business. Questa è una fase molto delicata soprattutto per le startup che offrono soluzioni molto innovative e con un'alta intensità di competenza ingegneristica, necessaria proprio a implementare la soluzione e renderla sperimentabile dai clienti. Questo è il tipico caso delle startup-spinoff delle Università che scontano proprio questa caratteristica che rappresenta, come già rilevato, un "guado" da superare. Infatti, spesso queste startup iniziano ad operare come vere e proprie società di consulenza che realizzano soluzioni customizzate per clienti disposti ad investire in una nuova tecnologia. Si inizia così con una logica produttiva per commessa, con soluzioni specifiche composte soprattutto da servizi piuttosto che da prodotti. Naturalmente, questa logica non permetterà alla startup di "scalare" il business cioè di generare una crescita dei ricavi esponenziale rispetto ad una crescita dei costi molto più lenta.








Per superare questo "guado della scalabilità" la startup deve essere in grado di standardizzare sempre di più la soluzione sotto forma di "prodotto" e, allo stesso tempo, risolvere sempre più efficacemente i problemi più rilevanti del proprio target di mercato.

Di seguito ci concentriamo sui due blocchi del Canvas con maggiore importanza nell'ottica Learn Startup: Value Proposition Roadmap e Customer Processes.

Value Proposition Roadmap

Una startup non può svilupparsi pensando al concetto di "Unique Value Proposition" (UVP) per una ragione molto semplice: ancora non ha una Value Proposition e quando inizierà ad averla certamente dovrà cambiarla o evolverla molte volte prima di giungere ad una stabile e profittevole UVP. Tanto vale, quindi, assumere di dover iniziare una vera e propria Value Proposition road map (VPRM) dinamica, nella quale il principio guida è cambiare il prodotto in meglio tutte le volte che si saprà farlo, piuttosto che cercare uno sbocco per un'idea di prodotto predeterminata. La capacità di cambiare e adattarsi sempre meglio ai gusti ed alle preferenze del proprio target avrà un forte impatto sulla crescita, in particolare sulla capacità di innescare una crescita organica e virale – pull – piuttosto che sostenuta solo da forti investimenti in Marketing – push. Questo aspetto sarà messo in evidenza anche nella parte relativa ai Customer Process.

Per afferrare più rapidamente il concetto di VPRM è necessario descrivere le diverse accezioni che può assumere il prodotto che decide di produrre e diffondere una startup a partire da una Vision sul P/S FIT:


In particolare, sono importanti i concetti di Minimum Viable Product (MVP) e di Minimum Maketable Product (MMP).

1.Il MVP è una forma di prodotto che ha lo scopo preciso di testare il P/S FIT ed acquisire conoscenza preziosa dalle interazioni con i clienti. In questo modo la startup cerca di superare il guado della soluzione custom attraverso delle prime forme di prodotto standardizzato con le funzioni d'uso ridotte al minimo; un prodotto minimo sostenibile ma già desiderabile per il consumatore:

Questo genere di prodotto normalmente inizia a rendere tangibili le funzioni core del prodotto, in modo da poter testare efficacemente e gradualmente tutti gli elementi del P/S FIT sino a quel momento ipotizzato. Le iterazioni successive fra i diversi MVP sperimentati dalla startup permettono di validare sempre meglio i problemi dei clienti e la loro compatibilità con le soluzioni che la startup è in grado di offrire;

2.In questa fase si utilizza una nuova strategia per lo sviluppo di prodotto che partendo dalle validazioni ottenute con gli MVP tenta di aumentare il valore dell'esperienza dei clienti, individuando in tal modo target di mercato maggiormente sensibili e reattivi all'introduzione di feature di un certo tipo. Se l'MVP ha l'obiettivo di acquisire validazioni sul P/S Fit, il MMP ha l'obiettivo di "aumentare" o "estendere" il P/S Fit scremando così i target di mercato più inclini a seguire le innovazioni e le competenze della startup. Il MMP ha l'obiettivo di scoprire nuovi problemi a cui dare offrire nuove soluzioni e, in tal modo, migliorare l'esperienza del cliente.

Un esempio lungimirante da questo punto di vista è Salesforce che a partire dal 2004 ha perseguito la visione di distribuire una soluzione di CRM in cloud quando tutti i maggiori competitor ancora operavano solo ed esclusivamente "on-premise". Questa strategia ha previsto l'introduzione di MVP molto semplici inizialmente e solo dopo aver acquisito una customer base rilevante con validazioni concrete del P/S Fit Salesforce ha introdotto elementi di prodotto in grado di aumentare in modo significativo l'esperienza d'uso della soluzione:


Salesforce ha iniziato con un'applicazione molto semplice ed intuitiva per la gestione dei processi commerciali e in generale dei task della forza vendite. Solo in un secondo momento ha introdotto delle funzioni d'uso a supporto dei processi di Marketing O2O, validando in tal modo ancora più efficacemente i problemi dei suoi early adopter. La natura Cloud dell'applicazione ha consentito di studiare a fondo il comportamento degli utenti e di individuarne preferenze e orientamenti attraverso lo studio dei log e cioè dei comportamenti d'uso della piattaforma. La mossa più importante per la definitiva evoluzione della VP di Saleforce è stata l'introduzione degli analytics sulle performance di Sales & Marketing dando ai suoi clienti obiettivo un'esperienza d'uso enormemente accresciuta e, soprattutto, estendendo la VP verso i target di mercato più interessanti e cioè le grandi aziende "cutomer driven" più dinamiche.

Customer Processes & Channels

La capacità di trasferire in modo sostenibile e iterativo le innovazioni ad un target di mercato richiede una strategia altrettanto dinamica in termini di gestione dei processi di interazione con la clientela, da quelli necessari alla validazione del prodotto a quelli di vendita e delivery effettivo. Già in precedenza è stata messo in evidenza l'importanza strategica di passare da una logica Push ad una logica Pull in termini di relazioni con il mercato. Ora vediamo in termini di processi gestionali e canali commerciali questo obiettivo cosa implica.

Anche in questo caso la storia di Salesforce ci può servire da guida per individuare praticamente il giusto mix fra processi e canali:


  1. Le scelte sulla gestione dei processi sono state molto snelle e semplici, in grado di creare da subito una relazione di tipo Pull con il mercato che è stato attratto da un processo di iscrizione molto semplice e soprattutto dalla possibilità di testare per un periodo gratuitamente la piattaforma. Solo successivamente, per i clienti più dinamici sono stati attivati processi O2O per vendere in modo più efficace ai singoli clienti che già avevano un'esperienza positiva e quindi una reale propensione all'acquisto;
  2. I canali sono stati scelti in piena armonia con i processi attivati: in prima battuta è stato utilizzato intensamente il Web – in particoalre le landing page, gli account online e sistemi di messagistica con il customer care Salesforce – mentre per i clienti già in prova è stato creato un Customer Service altamente professionale. È importante rilevare che il canale Customer Service e i relativi processi di direct-selling sono stati attivati solo per una base clienti già scremata (in termini di propensione all'acquisto) dall'esperienza del prodotto; in caso contrario gli stessi tipi di processo avrebbero avuto un convertion rate più ridotto e quindi il canale utilizzato sarebbe stato molto più costoso.

Ora vediamo di seguito una descrizione più puntuale delle variabili relative ai processi e ai canali in modo da fornire una guida operativa al loro utilizzo.


Get Customers

Il primo motore della crescita da attivare fa riferimento all'acquisition di clientela e normalmente richiede un investimento iniziale molto consistente in Marketing al fine di generare la quota iniziale di conoscenza del prodotto e consapevolezza dei suoi vantaggi sul target obiettivo. Dalla consapevolezza dei vantaggi si passa poi alla manifestazione di un interesse e quindi a comportamenti d'acquisto veri e propri. È proprio in questa primo fondamentale fase del processo di acquisition clienti che diventa cruciale la scelta dei processi di gestione dei clienti e dei canali attraverso cui gestire gli stessi.

Channels

In ogni canale i clienti fanno, con una certa frequenza o probabilità, delle vere e proprie esperienze che, anche e soprattutto sotto il profilo emozionale, determinano la percezione ed i giudizi sulla Value Proposition. In generale identifichiamo 4 fondamentali categorie di canali che generano esperienze di tipo molto diverso:


Ogni categoria di canale può prevedere esperienze con diversi livelli di coinvolgimento e di scalabilità per i clienti target:

  • Scalabilità dell'esperienza; questa caratteristica del canale fa riferimento alla possibilità estendere la "quantità" e la frequenza delle esperienze offerte ai clienti target sulla proposta di valore. Alcuni canali hanno un'alta scalabilità dell'esperienza (come la comunicazione O-to-All e quella Digital) in quanto possono raggiungere un numero sempre crescente di clienti target, senza vincoli se non di natura economica; altri, invece, hanno dei limiti fisici di scalabilità, come i canali O2O e Facing che, non a caso, vanno utilizzati in modo molto mirato. La frequenza delle esperienze offerte impatta direttamente sull'awarenesse della proposta di valore della startup da parte del suo target.
  • Coinvolgimento nell'esperienza; il coinvolgimento del cliente nell'esperienza di un prodotto/servizio è determinata dall'intensità dell'esperienze (razionale ed emozionale) del cliente "nella percezione" del valore offerto, che può essere molto spinta (come in uno show room, in un incontro) o più lieve (come per una brochure, una patinata promozionale). Quanto più alto è il livello di coinvolgimento tanto più è possibile ingenerare nel consumatore un interesse o direttamente un comportamento d'acquisto;

Ogni canale può avere impatti molto diversi sull'esperienza del cliente, sia in termini di coinvolgimento che di scalabilità. Di seguito proviamo a posizionare ogni categoria di canale in una matrice con le due variabili contrapposte:

Non c'è da stupirsi se negli ultimi 2 decenni l'investimento nelle forme di esperienza Digital ha subito un'evoluzione esponenziale; oggi

questa forma di canale offre la scalabilità più elevata a parità di coinvolgimento. Su quest'ultimo aspetto le tecnologie offrono delle esperienze sempre più coinvolgenti, con interfacce e interazioni online sempre più sofisticate.

La vera sfida per ogni Startup è individuare un mix di canali in grado di ottimizzare il trade-off fra coinvolgimento e scalabilità nelle esperienze offerte ai clienti.



Keep Customers

Se il motore dell'acquisizione è stato acceso allora bisogna pensare ad attivare altrettanto efficacemente il motore della Retention, cioè il mantenimento dei clienti o l'estensione del loro ciclo di vita nel rapporto con la startup. In questa fase risulta fondamentale gestire la Customer Satisfaction innanzitutto, eliminando tutti i possibili Gap fra le aspettative create e l'esperienza di prodotto effettivamente vissuta dai clienti. Inoltre, è possibile iniziare a sperimentare politiche di Customer Loyalty, ad esempio differenziando il pricing in base al grado di intensità d'acquisto o fedeltà dei diversi profili di clientela.

Sia il miglioramento della soddisfazione che della fedeltà dei clienti possono essere supportati dall'introduzione di nuove versioni del prodotto definite in precedenza come nuovi MMP, che estendono l'esperienza dei clienti risolvendo ulteriori problemi con appropriate soluzioni. Una base di clientela soddisfatta e fedele è la migliore risorsa in assoluto per testare efficacemente nuove features di prodotto o nuove versioni dello stesso.

Grow Customers

Dopo aver messo a punto i motori dell'acquisition e della retention la startup iniziare a pensare all'ottimizzazione di una delle variabili più importanti per il suo sviluppo, forse la più importante: il Life Time Value (LTV) dei clienti, cioè il valore economico che è possibile ritrarre dalla relazione con il cliente. Le modalità principali con cui si può aumentare il LTV sono almeno tre:

  • 1.Up-selling; incrementando la quantità di prodotto (dose) che il consumatore è solito usare e/o aumentando il valore ed il prezzo del prodotto acquistato;
  • 2.Cross-selling; estendendo il numero di prodotti e servizi venduti allo stesso cliente, soprattutto aggiungendo prodotti/servizi accessori a quello core con utilizzi sinergici (anche l'assistenza tecnica o la consulenza possono essere visti come servizi accessori);
  • 3.Referral; questa forse è la leva più importante di tutte perché è in grado di accendere un ulteriore motore di crescita: quello virale. Utilizzare questa leva significa agevolare o incentivare il passa-parola positivo generato dagli attuai clienti a vantaggio dei prodotti della startup.

Value FIT

Il terzo ed ultimo fondamentale obiettivo di un Go-to Market di successo fa riferimento alla capacità della startup di generare una crescita in grado di creare valore, cioè un bilancio positivo fra i ricavi ed i costi generati dalla startup:

Key Metrics

In ottica Learn Startup, un altro elemento critico da considerare è quello delle Key Metrics, cioè i numeri che ci devono spiegare ogni giorno se stiamo effettuando progressi e se la direzione intrapresa è quella giusta. Ogni startup deve fissare dei chiari indicatori di performance su cui basare le scelte più importanti nonché la previsione di quelli che saranno poi gli elementi di ricavo e di costo. Vi deve essere in pratica una coerenza fra i segnali che arrivano da questi indicatori e la gestione economica nel complesso.

Trovare le metriche giuste è decisivo e ancora una volta il nostro esempio di Saleforce ci viene in aiuto, grazie al quale possiamo focalizzare l'importanza di questo aspetto:

Il Managment di Saleforce non ha avuto difficoltà a gestire economicamente le importanti linee di ricavo e di costo una volta focalizzate le giuste metriche, in particolare:

  • 1.% di user con un login giornaliero e % di churn rate; queste metriche sono servite a comprendere qual era il tasso di accettazione e di utilizzo del prodotto man mano che si sviluppava e venivano introdotti nuovi MVP o MMP;
  • 2.Revenue per subscriber; questa metrica possiamo considerarla come la migliore approssimazione possibile di quello che prima abbiamo chiamato LTV ed è fondamentale sia per capire la redditività del prodotto, sia per stimare le revenue potenziali in un periodo;
  • 3.% Convertion; questa metrica indica la % di clienti in fase di trial test che vengono convertiti in clienti paganti;
  • 4.Leads per Month; questa metrica è fondamentale quanto il LTV sia per stimare i ricavi che per dimensionare adeguatamente i costi e rappresenta il numero di clienti che iniziavano una fase di test ogni mese, che sarebbero stati interessati in seguito dalle iniziative di Marketing necessarie a convertirli.

L'individuazione delle metriche giuste dipende dalla fase di sviluppo in cui si trova una startup e, più precisamente, dai Customer Process che la stessa è impegnata ad implementare. Vi deve essere una forte coerenza fra gli obiettivi operativi di una startup e le metriche che usa per valutare i propri progressi:

  • 1.Problem-Solution FIT - in questa fase la startup è orientata a capire se riesce effettivamente o meno a creare un empatia con gli early adopters e se la soluzione ha effettivamente un valore di mercato, cioé se i clienti obiettivo sono interessati a spendere i propri soldi per acquistarla;
  • 2.Get Customers - in questa fase una startup si concentra nell'acquisizione di un numero maggiore di clienti e mette alla prova la sua capacità di attrazione sul mercato, l'equilibrio fra i ricavi ed i costi di acquisizione e la viralità che il suo prodotto/servizio riesce ad ottenere spontaneamente;
  • 3.Keep Customers - in questa fase sono fondamentale i processi di riacquisto del prodotto e le possibilità offerte dal mercato per aumentare le revenue;
  • 4.Grow Customers - questa è la fase finale in cui riveste importanza soprattutto la capacità della startup di scalare il business, cioé di far crescere in modo significativo il valore della propria Customer Base molto più velocemente dei costi necessari a sostenerla.

Di seguito riportiamo un diagramma esemplificativo della coerenza necessario fra processi e metriche, con l'indicazione delle metriche esemplificative di Saleforce:


Questo modello ci aiuta a scegliere le metriche giuste su cui focalizzare la nostra attenzione ed è di supporto anche alla scelta dei processi di cui vogliamo misurare le performance.

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