COMBATTERE GLI EFFETTI SECONDARI DELLE TERAPIE ONCOLOGICHE NEL TUMORE AL SENO CON L’ESERCIZIO FISICO

L'attività fisica non è solo prevenzione

È ormai largamente appurato e accettato che l’esercizio fisico gioca un ruolo cruciale nella prevenzione primaria del tumore al seno: adottando uno stile di vita sano e attivo si riduce notevolmente il rischio di sviluppare una neoplasia alla mammella. Dalla diminuzione dello stato infiammatorio, al miglioramento della funzione immunitaria, fino alla modifica del metabolismo tumorale, gli effetti positivi dati dalla pratica di esercizio fisico regolare portano a una riduzione del rischio anche del 15-20%. 

Tuttavia, quello che rimane ancora un luogo comune per molti, è quello di evitare la pratica di esercizio fisico nel periodo post-diagnosi, e quindi in trattamento, prediligendo il riposo completo.

Contrariamente a ciò, c’è una sempre più crescente porzione di letteratura in cui si afferma che l’esercizio fisico può e deve essere incluso nella cosiddetta prevenzione secondaria del tumore al seno. Effettuato anche tra i cicli di terapia, aiuta ad attenuare i diversi sintomi scatenati dalle stesse, diminuendo i tempi di degenza e riducendo la mortalità per tumore alla mammella fino al 50%.

In più, se perpetuato anche nel post-trattamento, diventa un tassello fondamentale della prevenzione terziaria, ovvero riduce il rischio di recidiva, protegge dalle complicanze croniche secondarie ai trattamenti e facilita il ritorno ai livelli precedenti di funzionalità psico-fisico e sociale.

 

GLI EFFETTI SECONDARI 

Le pazienti con una diagnosi di neoplasia alla mammella, si rendono conto già da subito che, più che la presenza del tumore di per sé, sono gli effetti collaterali e le complicanze lasciate dalle terapie a creare i disturbi più fastidiosi e difficili da combattere.

Ce ne sono molti, diversi fra loro e soprattutto la loro entità varia anche di giorno in giorno. Qui di seguito proviamo a entrare nello specifico di quelli che potrebbero essere i più impattanti e i più difficili da gestire.

Primo fra tutti la fatigue, quello stato di astenia e stanchezza estrema che rende difficoltoso compiere anche le normali attività quotidiane. Può manifestarsi in maniera più importante nelle ore successive al trattamento, tuttavia potrebbe perdurare anche svariati mesi dalla conclusione delle terapie. Ad aumentarne lo stato, oltre ai trattamenti oncologici, è la presenza di anemia, nausea e vomito, disturbi del sonno, depressione e stati d’ansia.

Per contrastarla, oltre a cercare di migliorare i fattori che potrebbero contribuire ad accentuarla (interventi farmacologici, adeguare la dieta e cercare supporto psicologico) è altamente consigliato praticare dell’esercizio fisico, che può essere anche una semplice camminata nei momenti migliori della giornata. Si è visto infatti che ciò aiuta a ridurre l’impatto della fatigue e ad accelerare i tempi di recupero. Un trucco sta nel programmare le varie attività nell’arco della giornata prevedendo un riposo sufficiente tra le stesse.

Altro effetto collaterale è la neuropatia periferica. Normalmente si riscontra a seguito della chemioterapia, ma non così raramente anche come conseguenza della radioterapia (per danneggiamento dei nervi localizzati nella zona irradiata) e della chirurgia (per resezione dei nervi dell’area asportata). 

I sintomi tipici rientrano nelle parestesie, ovvero delle alterazioni della sensibilità come disestesie (formicolio, bruciore), anestesie (diminuzione della sensibilità) e iperestesie (aumento della sensibilità). Talvolta i sintomi possono aggravarsi in presenza di comorbilità, come il diabete e l’insufficienza renale cronica.

La neuropatia che insorge durante il trattamento può risolversi spontaneamente nell’arco di alcuni mesi. In altri casi, invece, tende a cronicizzare e persistere nel tempo.

Tale condizione può essere quindi molto difficile da gestire. Nonostante ciò, anche in questo caso la pratica di esercizio fisico diventa, assieme ai farmaci prescritti, un elemento essenziale per la limitazione dei disturbi, il mantenimento della funzione motoria e un più rapido riacquisto della normale sensibilità.

Il linfedema è una complicanza che si verifica più frequentemente nelle donne che hanno subito, in concomitanza all’asportazione della massa tumorale, anche lo svuotamento ascellare, con rischio maggiore se l’asportazione è totale (o di più di quattro linfonodi) o se all’intervento viene affiancata la radioterapia.

Si tratta di un ristagno di liquidi nei tessuti provocato dall’interruzione del circolo linfatico nell’area interessata. Può comparire anche a distanza di settimane o mesi dopo il trattamento e divenire un problema cronico, causando dolore, rigidità del braccio e aumento del rischio di infezioni.

Tuttavia, è possibile in parte prevenirlo, o comunque ridurne notevolmente l’entità, anche mediante opportuni interventi riabilitativi, per il drenaggio dell’area, e programmi di esercizio fisico, per il recupero della mobilità e funzionalità motoria del braccio e della spalla.

Infine, le cicatrici che esitano da un intervento chirurgico, se non trattate correttamente, possono lasciare un segno importante non solo sul corpo, ma anche sulla psiche della donna.

Insieme alla fibrosi secondaria alla radioterapia (percepita al tatto come un aumento della densità del seno) sono un accumulo di tessuto disfunzionale che influisce in maniera negativa sulla postura e sul movimento. Tra le varie problematiche troviamo una minor elasticità e scorrimento dei tessuti, minor mobilità dell’articolazione, squilibri muscolari e alterazioni fasciali.

Per evitare che una cicatrice evolvi in maniera patologica è necessario prendersene cura sin da subito. Sono consigliati per questo il massaggio e l’applicazione topica di specifiche creme o cerotti. Ancora una volta risulta cruciale un corretto programma di esercizio fisico per riacquistare e mantenere una buona postura, mobilità e attivazione muscolare.

Da questi concetti ho approfondito nel dettaglio quali sono gli ulteriori effetti collaterali dei trattamenti oncologici e come l’esercizio fisico possa essere una componente fondamentale nella gestione degli stessi in acuto e in cronico. In questo progetto ho voluto dare ampio spazio alla pratica di quelli che possono essere gli esercizi e le sequenze utili nella gestione della neuropatia periferica a piedi e mani, del linfedema e delle cicatrici e fibrosi secondarie alle terapie. Per approfondimento entra nel mio videocorso dedicato.  


Dott.ssa Chiara Sarri

 

BIBLIOGRAFIA

 

Cormie p., Trevaskis m., Thornton-benko e., Zopf M., “Exercise medicine in cancer care’’, Aust j gen pract, 2020, 49:169-174

Friedenreich C.M. et al., “State of the epidemiological evidence on physical activity and cancer prevention”, European Journal of Cancer, 2010, 46:2593-2604

Holmes M.D. et al, “Physical Activity and Survival After Breast Cancer Diagnosis’’, JAMA, 2005, 293:2479-86

Linee guida AIOM “Neoplasie della mammella’’, Edizione 2020

McTierman A., “Mechanisms linking physical activity with cancer’’, Nat Rev Cancer, 2008, 8:205-11

Mishra S.I. et al., “Exercise interventions on health‐related quality of life for cancer survivors”, Cochrane Database of Systematic Reviews, 2012, Issue 8

Patel A.P. et al., “American College of Sports Medicine Roundtable Report on Physical Activity, Sedentary Behavior, and Cancer Prevention and Control”, Med Sci Sports Exerc, 2019, 51: 2391-2402

Pedersen B.K., Saltin B., “Exercise as medicine - evidence for prescribing exercise as therapy in 26 different chronic diseases”, Scand J Med Sci Sports, 2015, 25: 1-72

Speck R.M. et al., “An update of controlled physical activity trials in cancer survivors: a systematic review and meta-analysis”, J Cancer Surviv., 2010, 4:87–100

Commenti

Devi effettuare il login per poter commentare