Il non agire ...

quando l’azione crea sé stessa

Elfo – l’arte di non agire 

 

Questo raffinato modello mi ha accompagnata durante le più importanti competizioni a cui ho partecipato: Oster Competition, World Grooming Competition, European Championship e altre gare internazionali. 

Ho sempre affrontato sfide impegnative, fatte di barboni giganti dal pelo molto incolto. Le due ore e mezzo a disposizione volavano come 10 secondi, nello scorrere di un inarrestabile flusso spazio-temporale. Una volta terminato, mi ritrovavo sempre ad osservare il mio modello, con stupore misto a gioia, chiedendomi come fossi riuscita a finirlo... Eppure, il pubblico che mi aveva vista lavorare durante la gara, aveva notato la mia calma e la precisione con cui avevo seguito il mio percorso. Dopo qualche anno, leggendo “Dovunque tu vada, ci sei già”, un libro di Jon Kabat-Zinn, mi imbattei in un capitolo illuminante - di cui riporto un estratto - che spiegava quanto sperimentato in prima persona…

  

Il non agire o quando l’azione crea sé stessa 

 

La quiete interiore che opera… si fonde con l’attività esterna al punto che l’azione crea sé stessa. Un’attività con la forza propria, nulla di costruttivo, nessuna applicazione della volontà, nessun meschino io, me o mio che rivendichi un risultato, anche se nulla rimane incompiuto.

Il non agire è la pietra angolare della maestria in qualsiasi campo di attività. Questa è l’illustrazione classica della Cina del terzo secolo.

 

… C’era una volta un cuoco che spartiva un bue per il suo padrone, che era un Principe. Nei movimenti della mano e della spalla, delle ginocchia e dei piedi del cuoco c’era l’armonia e il ritmo. Il suono della lama del suo coltello era come il canto della melodia severa e precisa. Il Principe che lo vide al lavoro, disse pieno di meraviglia: “Ma è bravo davvero! Ecco ciò che io chiamo abilità perfetta!’’.

Allora il cuoco depose il coltello e disse: “Il tuo servo ama il Tao e ciò è qualcosa di più della perfetta abilità. Quando cominciai a spartire il primo bue non vedevo altro che il bue: dopo tre anni non riuscivo ancora a riconoscere un intero bue dopo averlo guardato soltanto. Ora invece mi avvicino ad esso con lo spirito e non con gli occhi. Ho abbandonato dei moti di sapere che arrivano dai sensi e seguo unicamente lo spirito. Mi attengo solamente alle leggi della natura. Il mio coltello divide le grandi suture e scivola fra le fessure dei muscoli, seguendo la sua strada naturale. La sola abilità non basta neppure per dividere la carne dalle ossa e ancora meno per dividere un osso dall’altro. 

Un buon cuoco che abbia l’ufficio di spartire la carne cambia coltello una volta all’anno; un cattivo cuoco che colpisce la carne con tutta la forza, cambia il coltello ogni mese. Ho questo coltello da 19 anni, eppure il suo taglio è fine come lo avessi affilato or ora. Bisogna sapere che le articolazioni hanno tanti sottili interstizi, mentre il taglio del coltello non ha spessore e penetra negli interstizi più sottili: per questo il filo del mio coltello è ancora tagliente. Ogni qualvolta io arrivo alle giunture vedo tutta la difficoltà dell’opera: raccolgo allora la mia attrezzatura, tengo la vista ferma e i movimenti delle mie mani sono tranquilli. Muovo il coltello solo un poco, ed ecco la giuntura si apre scricchiolando e cade come se fosse una zolla di terra. Allora io mi alzo, il coltello in mano, mi volgo da ogni parte, pulisco la lama lentamente, pieno di contentezza e ripongo il coltello nella sua fodera.”

Disse allora il Principe: “Degno di lode in vero: ho ascoltato le parole di un cuoco e ho inteso la saggezza naturale della vita!’’.

 

  Zhuang Zhou

  Filosofo Cinese, 369-286 a.C.


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