Sul Cammino Materano

Misura, scelta e ricordo sulla via Peuceta

Cammino Materano - via Peuceta - DUE TAPPE TRA CASSANO DELLE MURGE E SANTERAMO IN COLLE


Questo racconto ripercorre le impressioni maturate nel corso di due giorni di cammino, il 23 e 24 di ottobre 2023 nel corso dei quali l'autore, con Riccardo Borlenghi, ha percorso la terza e quarta tappa della via Peuceta, tra Cassano delle Murge e Santermo in Colle e tra Santeramo in Colle ed Altamura, nel cuore della Murgia pugliese. 

Come ogni esperienza che nasce nel cuore deI progetti Ilmondochesei, ripercorre le impressioni e rimanda pensieri, intuizioni e suggestioni che emergono dall'incontro e da un costante lavoro di consapevolezza. Non si trova qui la descrizione di luoghi e incontri, il resoconto di un viaggio, suggerimenti utili a ripercorrerne le tracce; piuttosto la condivisione di tutti quei moti interiori che hanno preso visibilità nel corso del cammino e che, in qualche modo, possono essere d'ispirazione. 




Prologo - sul cammino

Venere splende.
Nell'aurora ancora tinta di un blu notte denso, alta verso il primo chiarore rossastro di una giornata che promette emozioni e l'esperienza arrivata dopo una lunghissima attesa di un cammino da condividere nel silenzio dei passi che ci accompagnano verso la Murgia.


Un cammino, per me, è molte cose, ma, prima fra tutte, una confessione. Quanti passi ricordo di quelli che metto uno dietro l'altro da ormai 50 anni nella mia vita? È una domanda che spalanca un abisso vertiginoso, perché chiama a rendere conto di tutte le volte, e non saprei contarle, che i miei pensieri hanno preso il sopravvento, si sono fatti verità o, piuttosto, verosimiglianza; di tutte le volte che ho smarrito un incontro con vita, persone, fiori, fiere; di tutte le volte che ho attraversato la vita con indifferenza, senza renderle onore, ricevendone grazia e smarrendola tra le dita impegnate in un conteggio frenetico delle liste di impegni, cerimonie e balzelli. Ecco sono talmente tante le volte che questo accade che mi ci è voluto l'incontro con le tradizioni che hanno creato la meditazione e l'hanno raffinata e poi con quelle che l'hanno scoperta e resa aperta anche al resto del mondo; quelle che ne hanno colto la natura essenziale, l'epifania dell'esistere, l'epifania della coscienza, e l'hanno messa a disposizione delle intemperie e fortunali dei fraintendimenti, delle innumerevoli manipolazioni che ne hanno preso il valore più effimero, quel vago senso di appagamento e abbandono che scompare ad ogni pensiero e immagine che affolla la mente, per venirne a capo.

Tant'è, in quello stato di frenesia della creazione che la mente esercita in ogni istante, al servizio della nostra sopravvivenza come individui, in quello stato i miei passi si perdono nell'indifferenza; vengono dimenticati, neppure archiviati in un arcano ricettacolo che un giorno si renderà disponibile a farsi ritrovare e scoprire. No, vengono cancellati come orme dalla risacca, per sempre, rimescolati in una materia vergine pronta a plasmarsi in forme nuove e a conservare il suo atto di essere stati qualcosa, l'atto senza la sostanza che lo ha inverato. È così, di atto in atto, tutto scivola via.

Ricordare i passi è una strategia di attaccamento se rincorre feticci che si sono dissolti nel tempo; ricordare è esercizio di sradicamento dalla forza mutevole della trasformazione. Ricordare i passi, tuttavia, spinge nel tempo di questo esercizio, a toccare la meraviglia di quell’istante intenso ed effimero in cui appare il valore del ricordo: ricordare. Non cosa, quando, dove, i volti, le espressioni. No, nulla che sia l’oggetto dell’atto di ricordare. Solo ricordare. Solo infiammarsi per la gioia di sapere di essere stato vita, di essere esistenza; di attraversare uno stupefacente organismo a cui sta stretto qualunque nome, salvo quello senza lettere che s’intuisce nel piccolo silenzio che possiamo fare al tacere di tutta la nostra creazione.

Ecco, un cammino, quale che sia, dissolve il cammino stesso, la brama di esserci e di arrivare, quella di sopravvivere e di attraversare la paura. 
Un cammino comincia quando, improvvisa, appare la libertà di attraversare immagini e pensieri e di fenderli senza più la pretesa di lasciarli alle spalle, ma la dolcezza di esserne parte.

Via Peuceta sul Cammino Materano. Tra Cassano delle Murge e Santeramo in Colle

Un cammino trasfigura lo spazio
Non è tanto il procedere lento che ha travolto le mie credenze, quanto piuttosto la manifestazione delle credenze per quello che esse sono, nulla più che figure retoriche o, forse, luoghi comuni. 
Quante volte, negli ultimi anni, dal mio primo viaggio nella steppa mongola, ho raccontato lo stupore dell’incontro con una natura incontaminata, senza traccia delle reti umane di servizi e strutture, di canali e snodi nevralgici, di città e centrali di energia! E ho raccontato che lì questo è così immenso da essere vivo nella immagine del mondo che ciascuno crea. E l’ho rimpianto ad ogni viaggio iniziato qui dalla Puglia in cui vivo. 
Forse mi sono solo trasferito, da un luogo all’altro, il più rapidamente possibile su viadotti e in gallerie che raccontano un paesaggio che è l’immagine che crea la nostra mente prima di renderla, di nuovo, un atto, un fatto di trasformazione. 
Mi sono trasferito, non ho viaggiato. Ho chiuso la coscienza in una corsa distratta senza vivere i passi, ad uno ad uno. 
Quante volte uno pneumatico rotola su se stesso nel tragitto che faccio da qui dove sono al supermercato più vicino?
Me lo chiedo adesso, dopo avere attraversato il bosco di Mesola, tra Cassano delle Murge e Santeramo in Colle. 
Lì è comparsa di nuovo quella immagine senza i confini che l’uomo traccia, come ogni animale, per fare proprio un pezzo di territorio; ne va della sua sopravvivenza, della sua caccia, della possibilità di attraversare l’esistenza attraverso la vita. E non è che nel bosco di Mesola i segni dell’uomo fossero sconosciuti. Alle volte i segni si fanno suono, o rumore come quello assordante degli Eurofighter typhoon del 36° Stormo che volano da Gioia del Colle, solo due colline al di là del bosco che attraversiamo. Nonostante quelli, nonostante le evoluzioni di quelle frecce scure nel cielo, nonostante le loro virate improvvise, i passi, quelli uno dietro l’altro, misurano il mondo, qui sulla terra.

con Riccardo, sulla via Peuceta del Cammino Materano. Verso il bosco di Mesola tra Cassano delle Murge e Santeramo in Colle. 


La via Peuceta - sulla misura

Ecco, essere misura toglie voce all’infinito
E con l’infinito io ho un rapporto fatto di ambizione e desiderio, di frustrazione e accettazione. 
La misura è la chiave che svela la fragilità, le insicurezze, è la voce della paura che cerca rassicurazione e protezione. È come nelle prime lezioni di architettura, quando ci insegnano, e ho insegnato, i gesti primari dell’uomo, coprire e recingere. Lo fai misurando le forze che hai a disposizione, misurando la materia che puoi plasmare, misurando invano il tempo che ti separa dalla morte, lo fai misurando il senso apparente di sicurezza che ti dà il rifugio che hai appena costruito, il tuo capanno per coprirti, il tuo recinto per isolarti. Solo che da quel capanno e da quell’isola devi uscire ogni giorno e la tua misura, i passi attraverso cui misuri il mondo che hai costretto in focolare, frantumano tutto, lasciano affiorare l’ansia, risvegliano il sospetto, attivano l’attenzione come quando, arrivando ad Altamura e lambendo la masseria Carvella, un cane da pastore maremmano libero abbaia verso di noi e attendo, facendomi invisibile, di scoprire se attraverserò indenne le tracce scolpite sul cuore di pietra calcarea del suolo o dovrò ricorrere a chissà quale stratagemma per venire a patti con la mia insicurezza.  

Recingere e coprire. La masseria Fornello vecchia, sulla via Peuceta del Cammino Materano. In arrivo ad Altamura. 

La misura è un’illusione, è un’illusione il confine, illusoria la protezione. E vale dovere oggi ricordare quello che sta accadendo in fondo al Mediterraneo orientale? Ieri il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha detto che le azioni di una banda di uomini e donne dedita al terrore non nascono dal nulla; e il giorno stesso il rappresentante del Paese vittima di quelle atrocità ha risposto per le rime cancellando il rilascio dei documenti di accesso al suo territorio per i rappresentanti e funzionari dell’ONU, per dar loro una lezione. 
Eccola lì la misura, della violenza, della proprietà, della violazione, come i cinquecento kilometri quadrati che un branco di lupi segna urinando sul confine; la misura di una cosa che puoi sorvolare con il pensiero, che puoi distruggere con uno schiaffo, che puoi travolgere con una tempesta di vento e fuoco, che puoi insabbiare con il trascorrere della vita. Misurare è un atto di impotenza che costruisce cattedrali e meraviglia, che svela l’incommensurabilità di cui siamo parte e genera conflitti figli della povertà. Povertà di presenza.

Forse di questo doveva essere consapevole, in qualche modo, il pellegrino che si incamminava per il mondo, sui suoi passi, tra Santeramo e Altamura, mentre in una giornata di autunno, con il cielo grigio e carico di umidità, un cercatore solitario e ombroso di funghi cardoncelli, avanzava con lo sguardo fisso a terra. 
Il pellegrino doveva muoversi fra una stazione e l’altra prima di raggiungere la sua meta, se ne avesse riconosciuta una nella sua vita. E tra Santeramo e Altamura stanno due grotte dedicate a San Michele Arcangelo, alla sua spada come fendente di luce, alla vittoria sulle tenebre. 
Ci passo di fianco sapendo che un messaggio sta scritto nella presenza di muri consunti e frammenti di rituali religiosi. A questo, penso dopo, servono le guide e lo studio e la storia e le storie. A ritrovare la misura dei passi e saperla perdere. Non, quindi, a nutrirsi di nozioni, date ed intrecci che sono già sfuggiti nel cammino dell’esistenza, ma a ricordare qui momenti in cui attraverso una forma abbiamo raccontato in una qualche vita precedente, vissuta da antenati di tutti, lo slancio verso l’incommensurabile, oltre tutti i passi che abbiamo saputo mettere uno dietro l’altro nella vita che abbiamo vissuto.

E questo non toglie valore a quei passi, anzi gliene dona uno ancora più sacro, essere ricordo del ricordare, memoria dell’esserci, faro dell’esistere. 
Per questo ogni frammento merita di essere vissuto e onorato, merita un passo verso di lui attraverso l’occhio della mia attenzione; e che questo accada nel tempo del passo che lo attraversa, o in quello della memoria che lo ripercorre, non fa alcuna differenza. Sfugge, ed il suo sfuggire è la sua verità. 
Così fanno la grotta di Sant’Angelo nella Murgia di Santeramo e la cripta di Fornello fuori Altamura.

Grotte di Sant'Angelo in Criptis, sulla via Peuceta del Cammino Materano, lasciando Santeramo in Colle. 



Epilogo - sulla scelta del ricordare

E c’è dell’altro nello stare lenti sui propri passi.
C’è l’atto di una scelta. Posso attraversare il mio cammino con una varietà grande di attitudini, grande tanto quanto tutti gli aggettivi con cui potrei accompagnarlo: distratto, lento, veloce, consapevole, leggero, ardito, difficile, liberatorio, rivelatore, rinfrancante, necessario e tanti quanti possono venirne in mente a chiunque si soffermi a pensarci. Eppure, ciò che tiene insieme tutti quegli aggettivi è la scelta di essere lì, su quel cammino. E questo fa speciale il saluto che si scambia con chi si incontra lungo quel cammino, la consapevolezza della scelta di esserci che è mia e di chi incontro nell’attimo in cui si scambia il saluto nell’incrocio di uno sguardo. 
Sapere che c’è quella scelta senza chiedersene la ragione, basta a dare il senso, a me, di una fratellanza, di una parentela sugellata dal riconoscimento della emozione che nasce da un piccolo atto di volontà. 
Così, quando incrociamo per la seconda volta sul percorso due ciclisti sulle loro biciclette fuori strada che cavalcano i sentieri e superano i tratturi e le strade d’asfalto della Murgia, io so che loro hanno scelto di esserci, lì, hanno scelto di farsi misura e che da qualche parte in un ipogeo della mente e dell’anima, a seconda di ciò in cui si crede, sta anche la saggezza che riconosce la natura della vita e della loro esistenza.

incontri nel Parco Nazionale dell'Alta Murgia, sulla via Peuceta del Cammino Materano, tra Santeramo in Colle e AltamuraE c’è dell’altro; quando il sentiero si rompe in un percorso che si fa ripido e impervio, attraversa piccoli salti rocciosi, conquista il fianco diruto di un canale arso dal biancore della pietra affiorante, lì la memoria, il ricordo, torna a quel saluto scambiato istanti prima e immagina, crea, la difficoltà di smontare di sella, di farsi carico del peso del mezzo che si è scelto per compiere il cammino, sente il sudore della fronte, le mani che stringono il ferro, il fiato che si rompe, le ginocchia che portano quel fardello aggiuntivo; così nasce, si fa riconoscere, attraverso quella memoria, uno slancio di immedesimazione, un sorriso di simpatia, un rigurgito di solidarietà. Quell’essere fratelli in una esperienza, non per nascita da un sangue comune, ma per volontà di una scelta. E l’albero genealogico delle parentele si espande, cresce e si fa accoglienza. E questo accogliere, lungo il cammino, si mostra per quello che è, ancora una scelta.

“Solo sviluppando le facoltà interiori l’uomo può allontanare i pericoli che derivano dall’aver perso il controllo delle grandiose forze naturali a sua disposizione ed essere divenuto vittima delle sue stesse conquiste. L’acuta consapevolezza di come sviluppare queste facoltà sia indispensabile per la salvezza e la sopravvivenza dell’umanità, e il rendersi conto che solo così l’uomo può realizzare la sua vera natura, dovrebbe incitarlo ad affrontare questo compito con una intensità di desiderio ed una risolutezza pari a quelle che finora ha dedicato alle sue conquiste esterne”. 

Così scriveva Roberto Assagioli nel suo Atto di volontà nel 1973
E questo mi sembra il ricordo più vivo che può lasciare un percorso in cammino scelto in due giorni d’autunno grazie all’amicizia di Riccardo, al tempo che ci è voluto, al sole che ci ha accompagnati, al vento che ci ha ristorati, agli sguardi incrociati nel silenzio, e ai pensieri che si sono inseguiti, passo dopo passo, per cercare di tenerci lontani dell’essenziale che stavamo vivendo.

Un cammino è molte cose. Tutte quelle non sono che effimere.
Resta il ricordare.  

Sulla via Peuceta del Cammino Materano, tra Santeramo in Colle e Altamura. 

 



Questo racconto è stato scritto al termine di due giorni di cammino nel corso dei quali con Riccardo Borlenghi ho coperto la terza e quarta tappa della Via Peuceta sul Cammino Materano, da Cassano delle Murge ad Altamura. Ringrazio Riccardo,  i due ciclisti anonimi, il raccoglitore di funghi cardoncelli, gli asini, il paesaggio e le impressioni senza le quali non sarei stato presente alla vita in questa esperienza. 

Nell'articolo cito Assagioli Roberto, 1973. L'Atto di Volontà. Astrolabio.

Credits:
Foto di Claudio Rubini


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