Eat Local, think Global

In un mondo globale che si è allargato a culture diverse, lontane da quelle angloamericane ed europee, le aziende sono chiamate a ripensare le loro attività di marketing internazionale. Per aprire sedi in Cina, Giappone, in Asia in generale, non è possibile non aprirsi verso un nuovo tipo di marketing, che preveda la conoscenza approfondita dell cultura che si va a incontrare: il marketing cross-culturale.

In un mondo globale che si è allargato a culture diverse, lontane da quelle angloamericane ed europee, le aziende sono chiamate a ripensare le loro attività di marketing internazionale. Per aprire sedi in Cina, Giappone, in Asia in generale, non è possibile non aprirsi verso un nuovo tipo di marketing, che preveda la conoscenza approfondita dell cultura che si va a incontrare: il marketing cross-culturale. Affrontare nuovi mercati significa lavorare su nuovi modi di approcciarsi, che partono innanzitutto dalle differenze culturali, non solo manageriali. L'approccio cross-culturale non considera il nuovo mercato come un prolungamento di quello di partenza, bensì un "incrocio" di culture, senza una prevalente.

Il settore food mostra in maniera lampante questo cambiamento: infatti «nonostante la globalizzazione – spiega Massimiliano Bruni – tra i diversi Paesi esistono delle differenze che si ripercuotono anche nelle scelte alimentari. Quando si opera in Paesi lontani con uno stesso prodotto bisogna considerare l'impatto del clima, della religione, della tradizione, del gusto e dei sapori. Lo hanno capito soprattutto le multinazionali, impegnate nel ricercare un equilibrio tra l'informazione delle produzioni e la necessità di conquistare il primato in mercati molto diversi». Se vogliamo aprire una sede in Cina non possiamo non tenere conto dello stile di vita della popolazione e della sua cultura in genere. Ci penseremo due volte prima di aprire un panificio a Shanghai, ad esempio. Così come un'azienda che lavora latticini. Perché? Perché la popolazione cinese non mangia pane, né latte: un dettaglio che pone distanza tra l'Italia e la Cina. Eppure delle somiglianze culturali con il Bel Paese ce ne sono. Se si va ad esempio in un ristorante di Pechino si rimarrà sorpresi dal frastuono delle risate: c'è tanto rumore quanto se ne potrebbe trovare in una pizzeria napoletana. Per la popolazione locale, il pranzo è un momento di grande importanza: le trattative di lavoro si concludono attorno a un tavolo rotondo. Come riuscire a fare business allora? Un primo modo è differenziare i prodotti: variando la ricetta, ad esempio, oppure offrendo nuove varianti dello stesso prodotto. Così troviamo un menù McDonalds cinese, pensato ad hoc: poco pane e tanto fritto; la Viennetta in Gran Bretagna al gusto fragola e l'acqua I Love Tomato alla fragranza di pomodoro e verdure giapponesi della Coca-Cola.. A volte, è sufficiente cambiare il nome del prodotto, o il dosaggio dello stesso all'interno delle confezioni così da venire incontro alle esigenze dei vari Paesi. . Come ha fatto Oreo in Cina, con le confezioni monodose. Questi approcci sono alcune delle possibilità che si stanno mettendo in campo; la strada è ancora lunga. Di certo sarà necessario per le aziende occidentali rimanere umili, desiderose di imparare da realtà diverse e aperte a inventare qualcosa di nuovo per sé e per gli altri che vada a costruire un patrimonio nuovo per tutti.

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