Come evitare ai figli le cattive compagnie senza interferire - parte 1

Per i ragazzi il gruppo è un punto di riferimento irrinunciabile, come aiutarli a scegliere?

Quando crescono, i ragazzi devono affrontare molte sfide e lo sconvolgimento ormonale certo non aiuta, così come anche stili educativi troppo lassisti o, al contrario, troppo severi: portano all'estremo sia richieste che comportamenti.

Per loro, il gruppo è un punto di riferimento irrinunciabile.

Certamente, ma… non tutti i gruppi non sono uguali e alcuni sono proprio da evitare.

Il bisogno di essere accettati sarà pressante, per i nostri figli, e le richieste degli amici potrebbero diventare insostenibili.

Nessun allarme: è semplicemente una visione realistica.

Per aiutare i preadolescenti (cioè ragazzi dai 10/11 anni ai 13/14 anni) ad affrontare e superare con successo questa fase, è necessario mantenere aperto il dialogo in famiglia su tutti i fronti, offrendo loro strategie di comportamento, consigli e racconti di sé e della propria adolescenza.

Vediamo tre strategie per mantenere aperto il dialogo e, allo stesso tempo, anche il livello di guardia alto.


1. Parlate assieme di ciò che gli succede   

Parlate assieme di cosa può succedere quando il gruppo di amici chiede di comportarsi in un certo modo e di come l'opporsi possa portare a essere impopolari, a sentirsi diversi. Aiutateli attraverso esempi e storie di ragazzi che, opponendosi a quelle richieste, hanno guadagnato stima e amicizia di altri. Fate sentire ai figli che capite quanto sia difficile.

Aiutateli a prefigurarsi possibili situazioni di difficoltà ea trovare soluzioni praticabili.

La responsabilità personale si apprende praticandola    , perciò parla con loro di quanto sia importante che agiscano immaginandosi le conseguenze delle proprie azioni.


2. Aprite, e tenete aperte, le porte della vostra casa

Organizzate merende per tutti, dopo i compiti in gruppo, oppure pomeriggi a vedere film tra popcorn e patatine.

Fatevi sempre presentare i loro amici,  mantenete lo sguardo sul gruppo senza troppa presenza fisica nella strofa;  allenate il vostro istinto genitoriale che vi farà capire di quali amici i vostri figli potrebbero avere maggiori difficoltà a gestire l'influenza o il carisma.

Invito per un veloce saluto anche i loro genitori. Se le visite a casa si ripetono spesso, fatevi osare il loro numero o l'indirizzo… siate gentili e chiamate voi, per primi! Oltre a realizzare un atto di cortesia potrete stabilire un “canale di comunicazione tra genitori” che potrebbe tornare molto utile in caso di necessità (marachelle, bugie plateali o di gruppo e… chi più ne ha, più ne metta!).

La finalità rimane sempre e comunque solo il supporto emotivo.


3. La coppia rema nella stessa barca e verso un'unica direzione

Per “stile genitoriale” si intende la modalità educativa con cui i genitori svolgono le funzioni genitoriali, con cui educano i figli e, in generale, si rapportano con loro. Parlare di autorevolezza e di autorità non è la stessa cosa: l'autorevolezza nasce dalla capacità del genitore di esercitare una buona abilità nel comunicare, nel contenere i comportamenti scorretti dei figli e di dare regole, limiti e confini.

La direzione dell'educazione della mamma non può essere mai del tutto coincidente con quella del papà, tuttavia devono avere tantissimi punti in comune ed essere in questo simili. I due genitori devono sicuramente avere un background valoriale affine, o almeno compatibile; devono poter concordare quanto meno sulla direzione che vogliono dare ai figli, sulla modalità di impartire regole e di lasciar passare.

Come genitori ed educatori si è chiamato ad aiutare gli adolescenti ad affermare in modo sano e competente il proprio punto di vista e le proprie scelte all'interno del gruppo dei pari. Cioè imparare a dire “no”.


 Saper dire NO ad un adolescente significa

  • affermare il proprio dissenso in modo fermo e deciso;

  • fornire motivazioni di questo “no”;

  • saper offrire alternative possibili all'esperienza o alla cosa che viene rifiutata;

  • abbandonare la scena dove il “no” viene banalizzato o ridicolizzato dagli altri soggetti.


“Non so se sono o non sono una brava mamma/un bravo papà.” 

“Forse non dovrei sgridarlo.”

Il senso di colpa si sviluppa più tardi delle altre emozioni; questo nasce nei primi anni di vita quando, entrando in contatto con gli adulti che ci crescono, cerchiamo di capire che cosa è giusto o sbagliato, in base alla reazione che hanno di fronte ai comportamenti che mettiamo in atto ea come giudicano le azioni nostre ( genitori, zii, nonni, educatrici, insegnanti eccetera). Il senso di colpa che proviamo da adulti è quindi fortemente influenzato dall'educazione che abbiamo ricevuto, e, nel rapporto con i figli, spesso tendiamo a riproporlo – ma conoscerlo è il primo passo per cambiarlo.


A cosa si riconduce, il tutto? A un concetto unico e fondamentale: i genitori devono sempre essere alleati in tutto ciò che concerne i figli e la loro gestione.

Commenti

Devi effettuare il login per poter commentare